I cartoni animati parlano anche arabo
Come nel resto del mondo, anche in Medio Oriente negli ultimi decenni i bambini sono cresciuti guardando i cartoni animati importati dall’estero, soprattutto dagli Stati Uniti e dal Giappone. In qualche caso nella traduzione e nell’adattamento sono stati inseriti alcuni elementi per rendere le storie e i personaggi più vicini e conformi alle tradizioni e ai costumi arabi. Ma fin dalla prima metà del novecento alcuni cartoni animati sono stati prodotti localmente e sono stati usati come strumento educativo e anche di propaganda per diffondere nelle società ideali e valori del momento. Middle East Eye propone una carrellata tra le produzioni animate più famose degli ultimi decenni, i cui personaggi hanno accompagnato l’infanzia di milioni di bambini.
Il più antico cartone animato arabo è Mish Mish Effendi, il Topolino egiziano. Questo personaggio con il papillon e il fez in testa, accompagnato da un’amata in stile Betty Boop, debuttò in un episodio di quattro minuti nel febbraio del 1936. Era stato creato dai fratelli Frenkel – David, Herschel e Shlomo – che si erano trasferiti in Egitto (prima ad Alessandria e poi al Cairo) da Jaffa, in Palestina, nel 1914, dopo che l’amministrazione ottomana aveva espulso gli ebrei russi che temeva potessero diventare spie. Dato il suo grande successo Mish Mish Effendi fu usato a scopi propagandistici dal ministero dell’interno egiziano, che nel 1938 commissionò un episodio in cui il protagonista va in guerra con il suo asino. Ci furono poi film e pubblicità, fino al declino, che coincise con il trasferimento dei fratelli Frenkel in Francia, a causa dell’ondata antisemita in Egitto seguita alla creazione di Israele nel 1948.
Sotto l’Iraq di Saddam Hussein i bambini sono cresciuti con El Amirah wel nahr(La principessa e il fiume), l’adattamento in stile Disney di una favola mesopotamica, che aveva l’obiettivo di rafforzare la mitologia e l’identità dell’antica Babilonia e, già che c’era, anche i sentimenti anti-iraniani. Andato in onda per la prima volta nel 1982, il cartone racconta la storia di tre principesse che dopo la morte del padre intraprendono un’avventura per riconquistare il trono e sconfiggere il perfido sovrano del paese vicino, non a caso chiamato Eiran.
Negli anni tra il 1998 e il 2007 il più famoso eroe egiziano è Bakkar, un ragazzino nubiano (una popolazione che discende dai primi abitanti dell’Africa subsahariana, della valle centrale del Nilo) che con la sua capretta Rashida promuove una narrativa di unità, armonia e moderazione per contrastare le derive islamiste nella società. La sigla, realizzata dal famoso cantante nubiano Mohamed Mounir, è diventata un classico della musica egiziana. Gli episodi del cartone sono stati trasmessi in una versione in 3D durante il Ramadan del 2021.
Le protagoniste di Freej
La prima sitcom animata araba risale invece al 2006, quando negli Emirati Arabi Uniti andò in onda per la prima volta Freej, che in dialetto locale si riferisce a un quartiere tradizionale. Le protagoniste sono quattro donne che rappresentano la diversità della società di Dubai prima del boom petrolifero e simboleggiano un misto tra la proiezione verso il futuro e la promozione dei valori e dell’identità tradizionali. Umm Saeed ha un accento beduino, Umm Allawi origini persiane, Umm Khammas viene dall’Africa orientale e Umm Salloum, sovrappeso e svanita, è l’incarnazione degli anziani emiratini.
Dopo il successo di Freej, in tutta la regione sono state prodotte più di trenta sitcom animate. Una delle più affermate e longeve è Yawmiyat Bu Qatada wa Bu Nabeel (La vita quotidiana di Bu Qatada e Bu Nabeel), prodotta in Kuwait tra il 2006 e il 2014. I tre protagonisti – Bu Qatada, Bu Nabeel e Bu Meshal – rispecchiano gli stereotipi della società del Kuwait: uno ossessionato dalla sharia, l’altro simbolo dell’assimilazione e della perdita del retaggio culturale e il terzo ammaliato dal consumismo statunitense.
Dalla metà degli anni novanta la televisione egiziana ha investito nella realizzazione di serie animate a tema religioso. Tra queste Qisas al Anbiya (Dalle storie dei profeti), del 1999, e Storie del Corano, andato in onda nella prima decade degli anni duemila, in cui ogni stagione ruota intorno a un tema, promuovendo un islam della tolleranza e di accettazione delle diversità.
Infine anche gli anime sono arrivati in Medio Oriente. Nel 2017 Jeem tv, in Qatar, ha trasmesso la prima serie anime araba, Badr, prodotta dal Bein Media Group, di proprietà di Al Jazeera. Racconta le avventure di un ragazzo in una città di pescatori di perle nel Golfo prima della scoperta del petrolio, mescolando il fantasy con una narrativa tradizionale e di promozione dell’identità locale.