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Khaled el Qaisi, scarcerato ma non libero

Una manifestazione per la liberazione di Khaled el Qaisi all’università Sapienza di Roma, il 28 settembre 2023. (Stefano Montesi, Corbis/Getty Images)

Khaled el Qaisi, lo studente italo-palestinese, arrestato da Israele il 31 agosto e detenuto per un mese senza accusa né processo, è stato scarcerato. Lo ha deciso il 1 ottobre il tribunale di Rishon LeTzion, che però gli ha imposto il divieto di lasciare il paese per sette giorni e l’obbligo di consegnare il passaporto alle autorità. Nel frattempo El Qaisi è andato a casa di parenti a Betlemme. Le indagini sul suo conto sono ancora in corso e lui deve restare a disposizione della magistratura israeliana. Non è chiaro quello che può succedere ora.

Durante un’assemblea che si è tenuta il 15 settembre all’università Sapienza di Roma per far conoscere il caso all’opinione pubblica, l’avvocato della famiglia, Flavio Albertini Rossi, ha chiarito che la forma di detenzione a cui è stato sottoposto El Qaisi poteva durare 45 giorni. In seguito il pubblico ministero avrebbe dovuto decidere se gli elementi raccolti erano sufficienti per avviare un processo penale. Però l’avvocato ha anche sottolineato che Israele ha due forme di detenzione: una penale e una amministrativa.

Le autorità israeliane potrebbero decidere di sottoporre El Qaisi a una detenzione amministrativa, che è rinnovabile di sei mesi in sei mesi e non prevede la formulazione di un’accusa né un processo. Altre alternative sono l’obbligo di rinuncia alla carta d’identità palestinese in cambio del rilascio oppure l’espulsione e il rimpatrio, con il divieto permanente di ritorno. Sono tutte violazioni del diritto internazionale.

El Qaisi è un traduttore e studente di lingue e civiltà orientali all’università Sapienza di Roma ed è tra i fondatori del Centro di documentazione palestinese, un’associazione che dal 2016 promuove la cultura palestinese in Italia. È conosciuto per il suo lavoro e il suo impegno di raccolta, traduzione e divulgazione di testi importanti e materiale storico palestinese. È stato arrestato il 31 agosto mentre attraversava con la moglie Francesca Antinucci e il figlio di quattro anni il valico di Allenby, tra Cisgiordania e Giordania, diretto ad Amman, dove doveva prendere l’aereo per rientrare a Roma dopo una vacanza in Palestina.

I motivi dell’arresto non sono stati resi noti. È stato tenuto per quattordici giorni in isolamento nel carcere di Ashkelon e non ha potuto avere contatti regolari con la famiglia né con l’avvocato. È comparso davanti ai giudici il 1, il 7 e il 14 settembre e ogni volta la custodia è stata rinnovata per altri sette giorni. Il 21 settembre la detenzione è stata prolungata di undici giorni, fino al 1 ottobre. Il fatto di avere una doppia cittadinanza gli ha evitato di essere processato da un tribunale militare, come succede di solito ai palestinesi arrestati per ragioni di sicurezza.

Il governo italiano non ha preso una posizione ufficiale forte. C’è stato solo un comunicato del ministero degli esteri del 20 settembre, in cui si chiarisce che fin dall’inizio l’ambasciata italiana a Tel Aviv monitora il caso con attenzione e che El Qaisi ha ricevuto tre visite consolari che hanno riscontrato dignitose condizioni di detenzione.

Decisa e partecipata è stata invece la risposta dell’università Sapienza, della società civile e degli ambienti vicini a El Qaisi, che si sono subito mobilitati lanciando una campagna per la sua liberazione. Il 30 settembre sotto le principali sedi della Rai sono stati organizzati presidi a cui hanno partecipato diverse associazioni e reti locali, oltre a esponenti del mondo accademico e intellettuale.

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​Questo articolo è tratto dalla newsletter Mediorientale. Ci si iscrive qui.

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