Un Ramadan senza tregua tra Israele e Hamas
Fino all’ultimo la comunità internazionale, in particolare i mediatori Egitto, Qatar e Stati Uniti, ha sperato di raggiungere un accordo per una tregua tra Israele e Hamas prima dell’inizio del Ramadan. Ma nella notte tra il 10 e l’11 marzo i funzionari sauditi hanno avvistato il primo spicchio di Luna crescente e hanno dichiarato l’inizio del mese sacro per 1,8 miliardi di musulmani in tutto il mondo. In seguito all’annuncio il re Salman dell’Arabia Saudita ha detto: “Ci addolora l’arrivo del mese di Ramadan quest’anno, alla luce degli attacchi che stanno subendo i nostri fratelli in Palestina, e sottolineiamo la necessità che la comunità internazionale si assuma le sue responsabilità, fermi questi crimini brutali e fornisca corridoi umanitari e di soccorso sicuri”.
Le aspettative generali di raggiungere un accordo per ottenere la liberazione di alcuni ostaggi israeliani detenuti nella Striscia di Gaza in cambio di prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane si sono scontrate con l’inconciliabilità delle posizioni delle parti. In un articolo in cui spiega i punti su cui si sono incagliati i negoziati, il quotidiano spagnolo El País chiarisce che Israele chiede un elenco per sapere quanti dei 134 ostaggi sono ancora vivi. Hamas invece vuole garanzie che il cessate il fuoco temporaneo diventi definitivo e teme di firmare un accordo per fasi che andrà in pezzi dopo la consegna delle prime persone detenute a Gaza.
In un discorso in tv il 10 marzo Ismail Haniyeh, leader politico di Hamas, ha confermato che il gruppo palestinese vuole un accordo che metta fine alla guerra, garantisca il ritiro delle forze israeliane dalla Striscia, il ritorno degli sfollati alle loro case e la distribuzione di aiuti umanitari alla popolazione. In un’intervista a Politico, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha confermato che senza la liberazione degli ostaggi non ci sarà “una pausa nei combattimenti”.
Netanyahu ha ribadito la sua intenzione di procedere con l’invasione di Rafah, la città del sud della Striscia di Gaza dove centinaia di migliaia di sfollati sono ammassati alla frontiera chiusa con l’Egitto. Il premier israeliano ha anche respinto le critiche espresse dal presidente statunitense Joe Biden che in un’intervista a Msnbc riferendosi al numero di vittime civili nella Striscia di Gaza ha detto che Netanyahu “sta danneggiando Israele più che aiutarlo”. Parlando con Politico Netanyahu ha risposto che le sue decisioni rappresentano “la stragrande maggioranza” degli israeliani.
Con l’inizio del Ramadan l’attenzione internazionale è puntata anche su Gerusalemme, e in particolare sulla Spianata delle moschee, dove già gli scorsi anni si concentravano le tensioni in occasione del mese sacro. Dopo aver escluso le limitazioni chieste da Itamar Ben Gvir, ministro per la sicurezza nazionale di estrema destra, le autorità israeliane hanno fatto sapere in un comunicato che l’accesso alla moschea Al Aqsa sarà consentito “in numeri simili agli anni precedenti”.
L’Orient-Le Jour calcola che dal 2021 sono andati nella Spianata delle moschee per il Ramadan tra 55mila e 120mila palestinesi. Il 12 marzo l’esercito israeliano ha reso pubbliche le condizioni per l’accesso. Possono entrare i bambini sotto i dieci anni, gli uomini sopra i 55 e le donne con più di cinquant’anni. I palestinesi di Gaza non sono ammessi. I fedeli devono comunque avere un permesso dell’unità del ministero della difesa israeliano che coordina le attività governative nei Territori occupati, il Cogat. Una volta sul posto, devono superare almeno tre barricate di sicurezza, dove i poliziotti israeliani controllano i documenti e fanno le perquisizioni. Le misure annunciate dalle autorità saranno valide per i primi giorni di Ramadan e saranno rivalutate di settimana in settimana in base alle condizioni della sicurezza.
Secondo Nir Hasson, giornalista di Haaretz che si è spesso occupato di Ramadan, la gestione del flusso dei fedeli sarà una prova importante per la polizia israeliana. Oltre alla Spianata della moschee un’altra zona calda potrebbe essere la porta di Damasco, dove migliaia di giovani si riuniscono la sera durante il mese sacro. Al Monitor ricorda che nel 2023 la situazione della sicurezza è stata complicata dalla coincidenza tra il Ramadan, la festività ebraica del Pesach (Passover in inglese) e la Pasqua, mentre quest’anno il mese sacro termina prima dell’inizio del periodo festivo ebraico e questo potrebbe ridurre le tensioni.
Questo testo è tratto dalla newsletter Mediorientale.
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