La Blue Carbon, un’azienda con sede a Dubai, ha firmato il 29 settembre un memorandum d’intesa con lo Zimbabwe, che le concederà un quinto del suo territorio per produrre crediti di emissione, certificati corrispondenti all’assorbimento di una certa quantità di anidride carbonica che governi e privati possono acquistare sul mercato internazionale per compensare le loro emissioni. L’azienda è presieduta dallo sceicco Ahmed Dalmook al Maktoum, della famiglia reale di Dubai. In cambio di 1,5 miliardi di dollari, la Blue Carbon avrà il controllo di 7,5 milioni di ettari di foreste zimbabweane.

Nelle settimane precedenti, racconta il sito Middle East Eye, l’azienda aveva concluso una serie di accordi simili in altri paesi del continente. Tra questi c’è la Liberia, che vuole concedere all’azienda un’area pari al 10 per cento del suo territorio per trent’anni, anche se la decisione infrange le leggi locali che regolano la proprietà della terra. “La serie di contratti stipulata dalla Blue Carbon arriva poco prima della conferenza sul clima Cop28, prevista a Dubai a fine novembre, in cui i crediti di emissione saranno una questione di primaria importanza”, fa notare il giornale online.

Il mercato volontario dei crediti di emissione è un settore che, secondo alcune previsioni, crescerà enormemente nei prossimi anni. Nel 2021 il suo giro d’affari è stato di due miliardi di dollari e si stima che possa raggiungere i 10 miliardi di dollari entro il 2030. Intanto si sono levate voci critiche contro questo tipo di strumenti, come quella di Greenpeace, secondo la quale sono solo un mezzo per permettere alle aziende di continuare a inquinare.

La truffa delle emissioni
Spesso le aziende compensano l’anidride carbonica che emettono finanziando progetti di tutela ambientale. Ma molte di queste iniziative non hanno nessun valore

Lo Zimbabwe è il terzo produttore di crediti di emissione in Africa. Dal 2011 ospita il progetto Kariba, che mira a proteggere 785mila ettari di terre capaci di assorbire 3,5 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno. Il progetto è promosso da South Pole, attualmente uno dei più importanti trader di crediti di emissione al mondo.

L’azienda ha raccolto cento milioni di euro, di cui una parte doveva essere devoluta alle comunità locali, che però non hanno ancora ricevuto il denaro promesso, come risulta da un’inchiesta del sito olandese di giornalismo investigativo Follow the money. I suoi giornalisti avevano già messo in dubbio l’efficacia del progetto. I crediti erano stati acquistati da clienti come Gucci e Porsche, che così potevano dire di aver ridotto il loro impatto climatico e potevano vantarsene nelle loro campagne di marketing. Secondo i giornalisti, almeno il 60 per cento di questi crediti non erano giustificati dalla situazione sul terreno.

Il caso della Blue Carbon ha fatto nascere ancora di più il sospetto che questi crediti possano essere usati per fare greenwashing, visti gli stretti legami dello sceicco Al Maktoum con la famiglia reale di Dubai, che ha tratto la sua ricchezza dal gas e dal petrolio.

Questo testo è tratto dalla newsletter Africana.

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