La rivalità pericolosa tra Etiopia ed Egitto
All’inizio di questa settimana l’Egitto ha consegnato un nuovo carico di armi alla Somalia, il secondo in un mese, in base all’accordo di collaborazione militare tra i due paesi firmato quest’estate. L’alleanza tra Mogadiscio e Il Cairo si è consolidata intorno alla comune diffidenza verso l’Etiopia, che – com’era prevedibile – ha reagito negativamente alla notizia dell’arrivo di nuove armi, evidenziando la fragilità della situazione somala e il rischio che possano finire in mano ai terroristi di Al Shabaab.
L’accordo tra Egitto e Somalia prevede inoltre che le truppe egiziane sostituiscano quelle etiopi presenti nel paese del Corno d’Africa all’interno della missione dell’Unione africana, Atmis, a cui nel prossimo gennaio ne subentrerà una nuova chiamata Aussom. Addis Abeba, però, non ci sta: oltre a rivendicare l’importante ruolo svolto dai soldati etiopi nella stabilizzazione della Somalia, ha fatto sapere attraverso un suo ministro che “non permetterà ad altre parti di causare instabilità nella regione”, e con “altre parti” si riferiva all’Egitto.
Oltre a Egitto, Etiopia e Somalia, c’è un’altra parte in causa in questa vicenda: il governo della repubblica autoproclamata del Somaliland, che dal 1991 gestisce in maniera autonoma il proprio territorio, rivendicando l’indipendenza formale da Mogadiscio. A gennaio il Somaliland ha fatto un accordo con l’Etiopia per ottenere il suo riconoscimento ufficiale in cambio della concessione di un tratto di costa sul mar Rosso.
Il patto permetterebbe ad Addis Abeba di recuperare l’accesso al mare perso con l’indipendenza dell’Eritrea nel 1993, ma chiaramente ha scatenato la rabbia della Somalia, che considera il Somaliland ancora parte del suo territorio. È in corso un tentativo di mediazione tra Etiopia e Somalia portato avanti dalla Turchia, ma l’ultima tornata di colloqui è saltata. Intanto la Somalia ha accusato l’Etiopia di consentire il passaggio di armi e munizioni verso il Puntland, un’altra regione del nordest del paese in cerca di autonomia.
A monte di questo complesso intreccio di interessi e obiettivi contrastanti c’è una questione che da più di dieci anni avvelena i rapporti tra l’Egitto e l’Etiopia: la costruzione della diga Grand ethiopian renaissance (Gerd) sul fiume Nilo Azzurro, nella regione etiope del Benishangul-Gumuz, vicino al confine con il Sudan. Il riempimento del bacino è cominciato nel 2020 ed è arrivato alla fase finale con grande umiliazione dell’Egitto. A inizio settembre Il Cairo ha inviato una lettera al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in cui accusa l’Etiopia di aver violato il diritto internazionale perché ha proceduto al riempimento senza chiedere il consenso dei paesi a valle, Sudan ed Egitto.
Oggi, però, fa notare il ricercatore italiano Federico Donelli in un’analisi per il centro studi Orion Policy Institute, la rivalità tra Egitto ed Etiopia si sta spostando dal bacino del Nilo al mar Rosso. “Storicamente l’Etiopia si considera la potenza dominante della regione”, scrive Donelli. “È quindi frustrata dal crescente coinvolgimento di nuovi attori nel mar Rosso, un’area che considera la sua principale sfera di influenza. Da qui deriva la decisione etiope di costruire una marina militare. Allo stesso tempo, l’Egitto ha tradizionalmente considerato il mare tra Suez e Aden come un lago egiziano”. Donelli ritiene improbabile un conflitto tra i due paesi in territorio somalo, ma avverte che i prossimi mesi saranno critici, perché ci saranno le elezioni in Somaliland (che Mogadiscio cercherà probabilmente di influenzare) e il possibile ritiro delle truppe etiopi dalla Somalia.
Un piccolo stimolo alla cooperazione potrebbe venire invece dall’entrata in vigore a ottobre di un accordo quadro sulla gestione delle acque del Nilo, frutto di lunghi negoziati, che è già stato ratificato da sei dei paesi che fanno parte dell’Iniziativa del bacino del Nilo: Uganda, Ruanda, Tanzania, Sud Sudan, Burundi ed Etiopia. Finora Sudan ed Egitto si sono opposti al nuovo accordo, che ha l’obiettivo di superare i vecchi trattati coloniali riguardanti il Nilo, ma di fronte a una nuova realtà potrebbero essere spinti a cambiare atteggiamento.
Questo testo è tratto dalla newsletter Africana.
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