Con la “dichiarazione congiunta” dei governi di Namibia e Germania sul genocidio dei popoli herero e nama tra il 1904 e il 1908, per la prima volta un’ex potenza coloniale si è scusata ufficialmente per dei crimini di massa che aveva ordinato. L’accordo raggiunto dai governi di Berlino e di Windhoek prevede che nei prossimi trent’anni la Germania destini 1,1 miliardi di euro a progetti di sviluppo in Namibia.

Agli occhi di alcuni, quest’accordo potrebbe essere il modello per la riconciliazione tra altre ex potenze coloniali e i paesi che avevano occupato. È la prima volta infatti che un ex colonizzatore riconosce un’ingiustizia storica nell’ambito di un dialogo tra stati. Tuttavia, questo compromesso ha dei limiti ed è eccessivamente prudente, perché cerca di proteggere la Germania ed evita di creare dei precedenti. Inoltre nei negoziati non sono state sufficientemente coinvolte le comunità dei discendenti del genocidio, compromettendo le prospettive di una reale riconciliazione.

Come si è arrivati all’accordo
L’accordo annunciato il 28 maggio è il risultato di una lunga trattativa. Il punto di partenza fu il discorso pronunciato nel 2004 dalla ministra tedesca della cooperazione economica Heidemarie Wieczorek-Zeul in occasione nel centesimo anniversario della battaglia di Waterberg, che oppose le truppe coloniali tedesche ai ribelli locali herero ed è considerata l’inizio del genocidio. Negli anni successivi alla battaglia i tedeschi uccisero migliaia di appartenenti alle etnie herero e nama, e rinchiusero i sopravvissuti in campi di concentramento, costringendoli ai lavori forzati e ad altre atrocità. Wieczorek-Zeul ammise che in Namibia fu condotta una “guerra di sterminio, quella che oggi chiameremmo ‘genocidio’”. E aggiunse: “Perdonate le nostre violazioni e le nostre colpe”.

Nel 2011 Berlino fece un primo passo avanti restituendo alla Namibia i resti di vittime del genocidio. I teschi e altre parti dei corpi degli herero e dei nama uccisi erano stati portati in Germania per essere sottoposti a studi antropologici e anatomici, studi che contribuirono all’elaborazione di una “scienza della razza” da parte dei nazisti.

Nel 2015 il ministero degli esteri tedesco riconobbe che tra il 1904 e il 1908 in Namibia fu commesso un genocidio. Alla fine di quell’anno cominciarono dei negoziati bilaterali, che nel corso del tempo hanno incontrato vari ostacoli. La Germania, preoccupata delle possibili conseguenze legali, ha voluto definire con esattezza la forma delle sue scuse. Era anche riluttante a usare il termine “genocidio” e non ha mai accettato di pagare delle riparazioni. Ancora oggi sul processo in corso incombono i dubbi legati alle possibili implicazioni legali e sul fatto che questo accordo potrebbe costituire un precedente sia per la Germania sia per le altre ex potenze coloniali, aprendo la porta a nuove richieste di riparazioni, come quelle presentate da Grecia, Italia e Polonia per le atrocità compiute dai soldati tedeschi durante la seconda guerra mondiale.

Con il compromesso trovato in Namibia, la Germania vorrebbe evitare di finire nella “trappola” delle riparazioni. Ma gli 1,1 miliardi di euro promessi per i progetti di sviluppo in Namibia sono un prezzo troppo basso per liberarsi del rimorso. La cifra è simbolica se paragonata al costo umano e ai danni materiali inflitti al paese africano. Secondo Vekuii Rukoro, leader della comunità herero, questa promessa è una presa in giro.

I finanziamenti tedeschi ammontano a 37 milioni di euro all’anno per i prossimi trent’anni. Al cambio attuale sono 618 milioni di dollari namibiani. Le previsioni di spesa del governo namibiano per il periodo 2021/2022 sono di 67,9 miliardi di dollari namibiani. Per Windhoek quel denaro è allettante: l’economia nazionale è in profonda recessione. Il covid-19 ha colpito un paese già segnato da una grave crisi finanziaria. L’iniezione di denaro è ancora più gradita, se si considera che il governo sta perdendo consensi. I fondi dovranno servire per la riforma terriera e per lo sviluppo delle infrastrutture rurali, energetiche e idriche, e per la scuola.

Il rischio di proteste
Il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier è atteso in Namibia, dove presenterà le sue scuse all’assemblea nazionale. Tuttavia questo gesto ufficiale non può sostituire uno scambio diretto con i discendenti delle comunità colpite, che hanno minacciato di accogliere Steinmeier con una protesta.

Dopo la conclusione dei negoziati il ministero degli esteri tedesco ha precisato in un comunicato che il riconoscimento del genocidio non implica alcuna “richiesta legale di risarcimento”. Inoltre, “il sostanzioso programma per la ricostruzione e lo sviluppo” è da considerarsi “un gesto” con cui la Germania “ha riconosciuto i propri torti”. Viene da chiedersi se il “gesto” sia sufficiente. Considerando l’ampiezza dei crimini commessi all’inizio del secolo scorso, una maggiore empatia non avrebbe guastato. Inoltre un linguaggio così formale può risultare umiliante e offensivo.

La compensazione materiale non basta per la riconciliazione. Le devastanti conseguenze demografiche e socioeconomiche del genocidio non potranno mai essere compensate. Il miglioramento delle condizioni di vita dei discendenti delle vittime è un elemento decisivo, ma per garantirlo non bastano i soldi.

La compensazione materiale non basta per la riconciliazione

Altrettanto importante sarebbe un’adeguata manifestazione di rimorso. Nella “dichiarazione congiunta” si legge che: “Il governo e il popolo della Namibia accettano le scuse della Germania e credono che possano aprire la strada a una comprensione reciproca duratura e al consolidamento di un rapporto speciale tra i due paesi”. Ma se non sono state adeguatamente consultate le comunità herero e nama, è come se i due governi imponessero le condizioni che il popolo namibiano è tenuto ad accettare.

Con un processo lungo e difficile la Germania ha fatto importanti progressi nell’affrontare le atrocità della shoah. La memoria di quella tragedia fa ormai parte del dna tedesco, come dimostra il memoriale costruito nel centro di Berlino. La Germania si è riconciliata con la Francia e, in parte, anche con la Polonia per i crimini commessi durante la seconda guerra mondiale.

Anche le atrocità compiute dalla Germania nelle sue imprese coloniali dovrebbero diventare parte della memoria nazionale tedesca. Da tempo si attende una commemorazione pubblica di questi crimini, a cominciare da quelli in Namibia.

Gli accordi bilaterali tra i governi non possono sostituire la riconciliazione tra i popoli. I discendenti delle vittime del genocidio in Namibia sono facilmente rintracciabili, ma che dire dei carnefici? Come ha detto lo scrittore e attivista namibiano Jephta U. Nguherimo, “il presidente Steinmeier dovrebbe porgere le sue scuse al Bundestag, in modo che il popolo tedesco scopra e comprenda fino in fondo questo genocidio taciuto”. Finora non è stato proposto nulla di simile.

L’accordo tra Germania e Namibia è il risultato di un negoziato imperfetto tra governi. È un passo avanti perché rompe la prolungata amnesia coloniale. La decolonizzazione e la riconciliazione, però, devono essere un processo condiviso. I governi possono facilitarlo, ma non devono mai monopolizzarlo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sul sito The Conversation.

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