Guido con il cambio manuale. A volte è una sofferenza. Usare la frizione e scalare le marce nel traffico ti logora. Mia moglie non può guidare la mia auto, il che limita le nostre possibilità di trasporto. E quando sono al volante, non posso tenere in una mano una deliziosa e rinfrescante granita fredda, almeno non in modo sicuro. Ma nonostante l’inconveniente, amo il cambio manuale. Adoro
la sensazione di essere io a manovrare la mia auto, e non solo a guidarla. Ecco perché ho guidato con il cambio manuale negli ultimi vent’anni.
Questa tradizione potrebbe presto finire. Quando arriverà il momento di sostituire la mia auto attuale, probabilmente non riuscirò a trovarne un’altra simile. Nel 2000, più del 15 per cento delle auto nuove e usate vendute dal rivenditore di auto CarMax erano dotate di cambio manuale; nel 2020, questa percentuale era scesa al 2,4 per cento. Tra le centinaia di nuovi modelli di auto in vendita negli Stati Uniti quest’anno, quelli con il cambio manuale sono appena una trentina.
Le auto elettriche, che oggi rappresentano oltre il 5 per cento delle vendite di auto, non hanno nemmeno il cambio. Si dice che Mercedes-Benz abbia in programma di ritirare tutte le sue auto con cambio manuale entro la fine del prossimo anno, in tutto il mondo, una decisione dettata in parte dall’elettrificazione; si dice che Volkswagen farà lo stesso entro il 2030, e altri marchi sicuramente li seguiranno. Il cambio manuale è da tempo un mercato di nicchia negli Stati Uniti e presto si estinguerà.
Save the manuals
Non si può dire che non siamo stati avvertiti. Da anni si lamenta il declino del cambio manuale. Nel 2010 la rivista automobilistica Car and Driver ha lanciato la campagna “Save the manuals” (Salviamo le auto manuali), insistendo sul fatto che i conducenti che “imparano a gestire l’automobile nella sua totalità” si divertiranno di più e lo faranno meglio. È seguito l’hashtag #SaveTheManual.
Per i suoi sostenitori, cambiare le marce da soli non è solo una fonte di piacere o un modo per affinare la propria guida. Un’auto manuale ha anche meno probabilità di essere rubata, visto che un numero minore di persone sa come
guidarla. È più economica da acquistare (almeno lo era un tempo) e in passato aveva costi di gestione e manutenzione più bassi. Un’auto manuale può essere avviata a spinta se la batteria è scarica, il che rende meno probabile rimanere bloccati da qualche parte; le marce possono inoltre essere usate più facilmente per frenare il motore, il che può ridurre l’usura e rendere più facile e sicuro guidare in discesa.
Ma il fascino principale del cambio manuale deriva dalla sensazione che trasmette al guidatore: la sensazione, reale o immaginaria, di avere il controllo della situazione. Secondo Matthew Crawford, consulente aziendale, riparatore di motociclette e autore di bestseller, coltivare questa sensazione non è solo un vezzo. Gli esseri umani sviluppano strumenti che li aiutano a muoversi, come i cavalli addomesticati, carrozze, biciclette e automobili, e poi estendono la loro consapevolezza a questi strumenti. Il conducente “diventa un tutt’uno” con la macchina, come si suol dire. Nel suo libro del 2020, Why we drive (Perché
guidiamo), Crawford sostiene che un dispositivo diventi una protesi. Il pilota si fonde con il cavallo. Muovere lo strumento significa muovere se stessi.
Crawford sostiene che questo potenziamento cognitivo è possibile solo quando si riescono a interpretare i componenti dello strumento che si sta utilizzando. Così come il cavallerizzo deve percepire l’andatura del cavallo, così il conducente deve capire come funziona il motore. Ma la moderna tecnologia automobilistica tende a inibire questa sensazione. Il servosterzo, l’iniezione elettronica di carburante, i sistemi antibloccaggio e, sì, il cambio automatico ostacolano i “legami naturali tra azione e percezione”, scrive Crawford. Inibiscono la capacità del guidatore d’interpretare la condizione e le possibilità dell’auto attraverso un sano ciclo di azione e informazione.
Cambiare le marce rappresenta il fascino della strada e incarna il controllo dell’essere umano su una macchina e sul mondo ingegnerizzato
Per illustrare questo punto, Crawford racconta di aver provato un’Audi Rs3 da quattrocento cavalli con tutti gli optional, compreso il cambio automatico con paddle sul volante. Era potente e funzionale, racconta, ma “non riuscivo a entrare in sintonia con l’auto”. Questa caratterizzazione è comune tra gli amanti del cambio manuale, un modo per dire che l’operatore umano e la macchina non sono in sintonia.
Il cambio manuale è diventato l’oggetto che incarna per eccellenza questa sparizione. Quando il cambio manuale era la norma, i conducenti dovevano toccare e maneggiare costantemente il cambio, insieme alla frizione, durante la guida del veicolo. I passeggeri assistevano a questa azione e cambiare le marce diventava una pratica carica di significato. Rappresentava il fascino della strada, con tutti i suoi pregi e difetti, e incarnava il controllo dell’essere umano su una macchina grande, calda e pericolosa che mordeva l’asfalto. L’imminente scomparsa del cambio manuale è un’eventualità inquietante, non (solo) perché cambiare le marce a un’auto è divertente e sensuale, ma anche perché il cambio è, o era, un potente simbolo culturale del corpo umano che si muove all’unisono con il mondo ingegnerizzato.
Crawford ammette che sarebbe potuto entrare in sintonia con l’Audi se avesse trascorso abbastanza ore al volante. Ma anche sapendolo, “quell’auto mi ha lasciato indifferente”, scrive. In parte, questo è dovuto al fatto che le grossolane sensazioni che si ricavano guidando un veicolo completamente elettronico potrebbero essere, o sembrare, troppo sottili per una rozza mente umana. Le
automobili sono diventate, in un certo senso, fin troppo sofisticate. La comprensione umana scivola via dalla loro scocca, come il ghiaccio da un cofano caldo.
Perdere il controllo
La separazione degli esseri umani dai loro strumenti di guida si accentuerà negli anni a venire. Se il cambio automatico ha reso il cambio manuale un monumento alla perdita di controllo, il veicolo autonomo (che si guida da solo) mira a fare lo stesso per i volanti. A quel punto, la sparizione sarà così completa che potrebbe non sembrare così alienante. Ogni pretesa che l’automobile sia una protesi sarà
scomparsa, e così i passeggeri potranno passare ad altro. Come accade a chi oggi
viaggia in treno, potranno magari dedicarsi a un libro, a fare un pisolino o ad aprire un foglio di calcolo excel.
Ma le auto completamente autonome potrebbero non diffondersi mai del tutto, e
anche le auto prevalentemente autonome potrebbero essere molto lontane. Mentre l’industria automobilistica toglierà il controllo ai conducenti un passo alla volta, lentamente, proprio come hanno fatto altri settori per elettrodomestici, apparecchi e servizi.
Oggi è possibile tirare lo sciacquone o azionare il lavandino non con la forza delle mani, ma grazie a dei sensori. Le ricerche sul web e di prodotti generano i risultati che degli sconosciuti vogliono che voi vediate, non quelli che più corrispondono alle vostre richieste. Le mappe, ormai digitali, mostrano punti di interesse invece che informazioni nude e crude; i viaggiatori lasciano che siano le applicazioni delle mappe a dire loro dove andare e come arrivarci. Gli operatori del servizio clienti seguono dei copioni per risolvere i vostri problemi, i medici seguono modelli diagnostici automatici, e le piattaforme di streaming dei nostri televisori calcolano quali sono i prossimi programmi che dovremmo guardare.
Le persone lamentano il declino del cambio manuale da molti anni prima che nascesse la campagna (oltre all’hashtag e al merchandising) “Save the manuals”. Ma forse non è un caso che la crociata vera e propria sia nata proprio quando l’informatica ha preso il sopravvento sulla cultura, orientando le vite umane verso le esigenze delle aziende tecnologiche e degli aggregatori di dati. Proprio in quel periodo si sono diffuse tutte le applicazioni e i servizi appena citati (e molti altri).
Il cambio manuale, per quanto sia diventato marginale nell’era degli smartphone, rimane una vestigia del controllo diretto e meccanico. Quando un guidatore cambia velocità, la sua intenzione può concretizzarsi in un’azione gratificante, grazie all’innesto di ingranaggi materiali. Anche quando la mano scivola e le marce ingranano, quel dispositivo continua a esprimersi in modo comprensibile.
Deplorare la fine del cambio manuale significa elogiare molto più che il cambio delle marce. Quando il cambio manuale morirà, la guida non perderà molto di quello che ha già perso. Ma ciò che andrà perso sarà qualcosa di più grande e importante: la rassicurante consapevolezza che esista ancora nel mondo un dispositivo essenziale e quotidiano di cui possiamo effettivamente percepire il funzionamento.
Anche se non avete un cambio manuale, o se non sapete come guidarlo, la sua semplice esistenza dimostra che una tecnologia più concreta è possibile – e una volta persino comune – e che gli esseri umani e le macchine possono davvero vivere insieme. Il cambio manuale è una forma di speranza, che presto ci lasceremo alle spalle.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è uscito sul sito del mensile statunitense The Atlantic. Internazionale ha una newsletter settimanale che racconta cosa succede negli Stati Uniti. Ci si iscrive qui.
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