Lo scorso dicembre all’Hotel de la poste, un albergo di Cortina d’Ampezzo, la destinazione invernale italiana in cui si va per sciare e farsi vedere, una festa ha celebrato la nascita di un’epoca cinematografica. Nel 1983 usciva la pruriginosa commedia Vacanze di Natale, ambientata proprio lì. In teoria era semplicemente la storia di un giovane fortunato con le donne che cantava in un piano bar, e di alcuni ricchi milanesi, romani e viveur in smoking che lo frequentavano. Ma quel film anticipava decenni di commedie natalizie gioiosamente volgari e ricche di stereotipi, che hanno incassato una fortuna e sono diventate note come cinepanettoni, dal nome del tipico dolce natalizio italiano.

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Per celebrare l’anniversario, il produttore, lo sceneggiatore e le star del film hanno realizzato un enorme panettone e organizzato un fine settimana di festeggiamenti a tema, dal 15 al 17 dicembre. I partecipanti – in pellicce, paillettes e maglioni con le scritte “Cortina” e “Montagne e champagne” – hanno ballato sulle note di Dance all nite, Maracaibo e altri classici italiani degli anni ottanta, che fanno parte della colonna sonora del film. Hanno cantato insieme al protagonista in una chiassosa cena con cabaret. Sono scesi in pista e si sono impegnati in uno slalom, cercando di finire una fetta di panettone prima di raggiungere il traguardo. “Sta ancora masticando”, ha urlato a un certo punto la presentatrice Chiara Caliceti. “Ha davvero mangiato il panettone!”.

Gli stucchevoli film di Natale ambientati in varie città europee quest’anno sono di gran moda, ma in Italia non si avvicinano neanche lontanamente al colosso cinematografico e culturale che è stato il cinepanettone. Per trent’anni quel tipo di film ha dominato il periodo natalizio, fino a quando le loro star non sono invecchiate, le piattaforme di streaming hanno preso il sopravvento e i gusti del pubblico e l’economia del settore sono cambiati. Mai ritenuti adatti per l’esportazione, si diceva che fossero solo per gli appassionati del genere che volevano custodire una fetta di cultura italiana di quella spensierata fine secolo. Secondo i critici, però, riflettevano il consumismo e il sessismo dell’era di Silvio Berlusconi che, come un segreto vergognoso, era meglio tenere in famiglia.

Una decina d’anni dopo la fine della serie i produttori e i fan di quei film stanno cercando di sfruttare la nostalgia e riabilitarli come classici di culto che hanno elevato a forma d’arte l’amore degli italiani per i tradimenti, l’umorismo di bassa lega e le folcloristiche parolacce che si scambiano gli italiani di classi e regioni diverse quando si scontrano. “Gli intellettuali continuano a dire che sono rozzi. È vero, ma non capiscono che lo sono di proposito”, ha detto Claudio Cecchetto, 71 anni, produttore musicale, che ha presieduto la festa. “I loro autori sono persone intelligentissime che hanno deciso di volare basso. Le persone vogliono solo divertirsi. Insomma, che diavolo!”.

Vacanze di Natale, che molti italiani di mezza età possono citare a memoria, è stato seguito da Vacanze di Natale ‘90, ‘91, ‘95 e 2000. I film erano spesso ambientati a Cortina e avevano personaggi di diverse classi sociali provenienti da varie parti d’Italia, che imprecavano e flirtavano negli chalet di montagna. Negli anni 2000 si sono trasferiti in luoghi esotici – Natale a Rio, in India, in Sudafrica e a New York – e si basavano su una serie di gag volgari, parodie soporifere, seni nudi e stereotipi razziali. Natale sul Nilo, uscito nel 2002, è considerato dagli intenditori l’apice – o il fondo – del genere. C’è perfino una mummia avvolta nella carta igienica. Nel 2009 gli schermi riservati a Natale a Beverly Hills hanno costretto Avatar a posticipare il suo arrivo nelle sale italiane.

“Sono creati per la visione collettiva”, dice Alan O’Leary, professore universitario esperto di cinema e autore di Fenomenologia del cinepanettone (Rubettino 2013). Secondo lui erano volutamente volgari per attirare, e far ridere, generazioni di famiglie italiane che andavano al cinema insieme a Natale. Le rappresentazioni esagerate degli archetipi regionali in un paese relativamente giovane e frammentato completano l’opera di “ricordare agli italiani che sono italiani” e più di ogni altra cosa riflettono sul Natale italiano e la sua “atmosfera carnevalesca in cui si esagera in tutto”.

Il presidente del Napoli tra cinema e calcio
Il produttore cinematografico Aurelio De Laurentiis è amato e odiato dai tifosi. 

Anche se sono stati ambientati in vari paesi, Cortina d’Ampezzo, con le sue strade ghiacciate fiancheggiate da negozi di lusso (Rolex, Moncler, Fendi, Fendi kids), è sempre stata considerata la patria d’origine dei cinepanettoni. Dal15 al 17 dicembre la cittadina, che nel 2026 ospiterà parte delle Olimpiadi invernali, è diventata per molti la sede dell’Olimpiade del cinema spazzatura.

In un angolo tranquillo del bar dell’hotel, camerieri in giacca bianca servivano Aurelio De Laurentiis, il potente produttore di Vacanze di Natale e dei più di trenta cinepanettoni che sono seguiti. Il suo assistente e tutti gli altri lo chiamavano “il presidente”, perché è il presidente e il proprietario della squadra di calcio del Napoli. Dopo un piatto di pasta, ha attraversato la stanza per girare uno spot promozionale sull’uscita del film nelle sale per un solo giorno, ma le luci della telecamera continuavano a lampeggiare, costringendolo a ricominciare varie volte da capo. Tornato al suo tavolo, De Laurentiis ha spiegato che quei film “storici” coglievano l’Italia dell’epoca, quando Berlusconi la stava conquistando.

Secondo lui hanno avuto successo perché erano essenzialmente prodotti “istantanei” che rotolavano giù da un nastro trasportatore cinematografico. Dopo trent’anni, ha aggiunto, ha deciso di smettere perché era a corto di luoghi esotici, ed è stato distratto dalla sua squadra di calcio. Contrariamente a chi dice che certe scene e battute sessiste oggi sarebbero inaccettabili, De Laurentiis pensa che siano proprio ciò di cui quest’era post #MeToo senza gioia avrebbe bisogno. Gli sarebbe piaciuto provare a fare un altro film del genere e ha proposto un titolo becero e volgare per un ipotetico Vacanze #MeToo. “Potrebbe essere un buon titolo per un film”, ha detto, perché sarebbe “basato sulla sincerità”. Compiaciuto di sé, De Laurentiis ha chiesto al suo assistente che cosa ne pensava del titolo. “Bellissimo”, ha risposto l’assistente.

Una degenerazione

Jerry Calà, che ha interpretato il ruolo del suonatore di piano bar nel film del 1983, si è lamentato del fatto che “questo momento politicamente corretto sta distruggendo la commedia”. Secondo lui, i giovani stanno riscoprendo i cinepanettoni proprio perché sono affamati di trasgressione di cattivo gusto.

Ma lo sceneggiatore del film originale, Enrico Vanzina, ha rifiutato l’etichetta di cinepanettoni per i film di Natale degli anni ottanta a cui ha lavorato. A suo dire erano radicati, dopo un periodo di surrealismo, nella pacchiana vita reale dell’epoca. Vanzina proviene da una famiglia di registi. Suo fratello ha diretto l’originale Vacanze di Natale e suo padre, noto con il nome d’arte di Steno, ha diretto alcune delle commedie più amate dell’età d’oro del cinema italiano. Durante una tavola rotonda all’ombra del panettone gigante, Vanzina è sembrato seccato quando Lucia Borgonzoni, la sottosegretaria alla cultura dell’attuale governo di destra, si è collegata in video per rendere omaggio al “famoso cinepanettone con cui sono cresciuta”.

“Mi ha fatto incazzare”, ha detto Vanzina a proposito dell’elogio della sottosegretaria che, in una successiva dichiarazione scritta, ha tagliato tutti i riferimenti al cinepanettone. Mentre requisiva un tavolino riservato alle bottiglie, Vanzina ha detto – come molti suoi connazionali – che questi sono i film che gli italiani hanno davvero amato. Sono stati un’evoluzione della grande tradizione della commedia all’italiana, come Vacanze d’inverno, un film del 1959 anch’esso ambientato a Cortina e interpretato da Vittorio De Sica, il grande regista dei capolavori del neorealismo, e padre di Christian De Sica, che sarebbe diventato il re dei cinepanettoni.

“Non è commedia all’italiana, è la sua degenerazione”, dice Teresa Marchesi, la critica cinematografica del quotidiano progressista Domani. Per fronteggiare l’aumento del prezzo dei biglietti e il pubblico di massa che aveva smesso di andare regolarmente al cinema, i film avevano applicato un minimo denominatore comune di volgarità, comicità banale e pelle nuda per attirare il redditizio mercato delle famiglie povere che potevano concedersi quel lusso solo a Natale. Il cinepanettone è decollato quando Berlusconi e i suoi canali televisivi hanno corroso i valori italiani e offerto un nuovo modello di successo “politico e culturale” basato sull’opulenza e le escort prosperose. “Non è assolutamente uno specchio dell’italianità, è una proiezione”, dice Marchesi. “È il bunga bunga fatto film”.

Questo spirito godereccio permeava anche l’Hotel de la poste, dove i fan avevano pagato centinaia di euro per una cena e un concerto di Calà. “Maracaibo!”, urlava il pubblico, implorandolo di suonare la loro canzone preferita per scatenarsi. “Maracaibo arriva alla fine”, ha detto Calà, con la chitarra appesa alla spalla. “Non rompetemi le palle, eh?”.

Calà, che quest’anno ha avuto un infarto, ha suonato tutto il repertorio dei successi italiani da cantare in coro, asciugandosi la testa calva con un fazzoletto azzurro e facendo battute oscene sulle gonne corte. Dietro di lui uno schermo digitale proiettava la locandina originale del film, con gli sciatori che ruzzolavano giù dalla montagna incastrati in una palla di neve. Poi, all’improvviso, c’era il video di un premio assegnato a F. Murray Abraham per la sua attività in difesa dell’ambiente.

La sala è esplosa quando finalmente Calà ha suonato Maracaibo (“Rum e cocaina, Zaza”). L’attore ha fatto partire la proiezione limitata del film, poi è sceso dal palco e ha attraversato la folla, che lo ha acclamato con un’espressione stralunata. Quando ha raggiunto i suoi amici e la sua famiglia nella sala accanto e si è battuto il petto, i camerieri hanno cominciato a girare con vassoi colmi di fette di panettone. Mauro Happy, un addetto stampa di sessant’anni seduto al tavolo accanto, ha partecipato con gioia. “Sono innamorato”, ha detto con voce ovattata, “dei cinepanettoni”.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

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