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Quali sono le città più inquinate del mondo?

Una donna indossa una mascherina mentre visita la Città proibita, a Pechino, il 18 dicembre 2015. (Ng Han Guan, Ap/Ansa)

Ogni giorno centinaia di milioni di persone si muovono in un ambiente che è ormai diventato rischioso per la loro sopravvivenza. L’inquinamento atmosferico provoca 3,3 milioni di vittime all’anno, soprattutto nelle città: più di hiv, malaria e influenza messi insieme. Tuttavia la caccia a questo pericoloso assassino di massa rivela qualcosa di sorprendente: non soltanto non sappiamo dove uccide di più, ma in molti casi non cerchiamo nemmeno di scoprirlo.

Mentre i venti gelidi dell’inverno arrivano dalla Mongolia, nella Cina del nord comincia la stagione della combustione del carbone. All’inizio di dicembre la mappa della Cina sul sito del World air quality index era piena di bandiere rosse, viola e marrone, a indicare livelli pericolosi di particelle sottili (PM2.5), il principale inquinante dell’aria al mondo.

Si pensa che circa 1,6 milioni di cinesi muoiano ogni anno a causa dell’aria inquinata. Pechino, in particolare, è l’epicentro di questo problema. Negli ultimi giorni di novembre l’ambasciata statunitense nella capitale cinese ha riportato un livello di polveri sottili pari a 391 microgrammi per metro cubo (µg/m3), mentre l’agenzia cinese per la protezione ambientale ha invitato i residenti a restare in casa. Eppure la statistica più completa sull’inquinamento da polveri sottili, pubblicata quest’anno dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), include soltanto una città cinese, Lanzhou, tra le peggiori cinquanta del mondo (secondo le linee guida dell’Oms la media annuale di polveri sottili per garantire la sicurezza dovrebbe essere di 10 microgrammi per metro cubo).

In cima alla lista ci sono le soffocanti megalopoli di India e Pakistan, guidate da Delhi. In media i residenti della capitale indiana respirano un’aria inquinata da 153 microgrammi per metro cubo di particelle sottili. Una media tre volte superiore a quella di Pechino e 15 volte superiore alla soglia fissata dall’Oms.

A Delhi i gas di scarico di otto milioni di automobili, i generatori elettrici a diesel e le centrali a carbone hanno danneggiato i polmoni di metà dei 4,4 milioni di bambini della città in modo talmente grave che non potranno mai riprendere a funzionare normalmente. Questa nebbia tossica non risparmia nessuno, e i medici hanno cominciato a consigliare ai pazienti di lasciare la città. Quest’anno il governatore di Delhi ha passato un periodo in una clinica del sud per curare i suoi polmoni.

Gli ospedali non registrano l’inquinamento come causa di morte, ma l’impatto degli inquinanti emerge dall’aumento di decessi per malattie cardiache e polmonari (già predominanti). In ogni caso l’incidenza delle polveri sottili può essere valutata esaminando i campioni d’aria.

I dati dell’Oms hanno portato molti osservatori a considerare Delhi come la “città più inquinata del mondo”. Ma a ben vedere le basi di questo giudizio sono poco solide. L’Oms raccoglie le sue informazioni dalle stazioni di monitoraggio in oltre 1.600 città in ogni continente popolato. Sembra un approccio esaustivo, ma secondo almeno un altro resoconto, i dati raccolti riguardano meno di un terzo delle città con oltre centomila abitanti. Non tutte le città inquinate sono grandi, ma le dimensioni aiutano.

È difficile capire cosa accade in Africa o in Medio Oriente. Esistono grandi aree dove non c’è alcun monitoraggio

La raccolta di dati è basata sul monitoraggio volontario da parte dei governi. Un portavoce dell’Oms ha dichiarato che le Nazioni Unite non sono in grado di mettere a confronto e classificare le città perché molte non hanno le risorse o la volontà politica per creare un sistema di monitoraggio. Secondo Gary Fuller, esperto di inquinamento atmosferico al Kings College di Londra, la presenza di aree non analizzate grandi quanto un continente ci impedisce di capire dove le persone sono più colpite dall’inquinamento.

“Quando confrontiamo l’inquinamento atmosferico delle città prendiamo in considerazione solo quelle che forniscono i dati. Di conseguenza ci concentriamo sulle grandi città e sul mondo sviluppato. I tentativi iniziali di misurare l’inquinamento atmosferico attraverso i saltelli hanno rivelato la presenza di altre aree del mondo con un’alta densità di popolazione e livelli di inquinamento elevati”.

Delle 1.622 città incluse nel database dell’Oms, 510 si trovano in Canada e Stati Uniti, mentre soltanto 16 sono in Africa (metà delle quali in paesi relativamente ricchi come Sudafrica ed Egitto). Stiamo parlando dello 0,75 per cento del monitoraggio per il 15 per cento della popolazione mondiale, che tra l’altro si concentra sempre più spesso in città ad alto rischio inquinamento. I 604 milioni di abitanti dell’America Latina vivono in un ambiente tra i più urbanizzati al mondo, eppure in tutto il continente sono prese in esame soltanto 109 città. In Medio Oriente i dati raccolti fanno riferimento ad appena 24 città.

Città ad alto rischio

Una parte consistente dell’umanità respira inconsapevolmente veleno ogni giorno. Le implicazioni di questo fatto sono gravissime: non essendo a conoscenza dell’inquinamento dell’aria nessuno fa niente per migliorare la situazione.

“Le città che raccolgono e diffondono le informazioni sull’inquinamento atmosferico devono essere elogiate per il loro impegno. Questo è il primo passo per capire se esiste un problema e intraprendere le azioni correttive necessarie”, sottolinea il portavoce dell’Oms.

Il professor Randall Martin è a capo del progetto Spartan che si occupa del miglioramento delle osservazioni satellitari per identificare le città ad alto rischio.

“Penso che l’attenzione si stia concentrando su Delhi perché abbiamo le misurazioni. Potrebbero esserci altre città più inquinate di cui non abbiamo i dati. È difficile capire cosa accade in Africa occidentale o in Medio Oriente. Esistono grandi aree dove non c’è alcun monitoraggio”.

Il lato positivo dell’inquinamento di Delhi è che il primato poco gradito sta spingendo i politici ad agire

Uno studio satellitare precedente aveva rilevato che il 96 per cento degli abitanti dell’Africa occidentale vive in ambienti dove l’inquinamento è superiore alla soglia raccomanda dall’Oms. Le emissioni provocate dall’uomo si mescolano nell’aria alla sabbia proveniente dal Sahara e al sale marino, tutti elementi dannosi per i polmoni. Quest’anno, nella metropoli nigeriana di Lagos, è apparsa una cappa di smog persistente.

“Anche se le persone sanno che l’ambiente non è salubre pensano che non sia troppo pericoloso, dunque non chiedono al governo di risolvere il problema”, spiega Udeh Chiagozie, ambasciatore della gioventù nigeriana per il programma ambientale delle Nazioni Unite Eco-Generation.

“Ci sono moltissime automobili che non sono adatte alla circolazione, a cui si aggiungono i generatori e le industrie (soprattutto di gas e petrolio). Non dobbiamo sorprenderci se continueremo a essere circondati dallo smog”.

Secondo uno studio condotto per cinque mesi a Lagos, cinque città sulle otto esaminate superavano i livelli di polveri sottili riscontrati a Delhi. Nel periodo preso in esame alcune città hanno registrato livelli quasi doppi rispetto alla capitale indiana. Lo studio è uno dei più completi effettuati a Lagos, anche se i dati raccolti non bastano per produrre una media annuale.

Un un altro problema è che alcuni quartieri superano nettamente le medie cittadine. La capitale mongola, Ulan Bator si trova in un bacino naturale, e l’inversione termica dell’aria secca e fredda del deserto provoca un accumulo di polveri sottili sul cielo cittadino. La media registrata dall’Oms è di 68 microgrammi per metro cubo, alta ma non altissima. Tuttavia nel 2012 la Banca mondiale ha analizzato l’aria dei quartieri di ger (yurte) dove 175mila famiglie hanno piazzato le tende tradizionali e bruciano il carbone per riscaldarsi, registrando livelli compresi tra 200 e 350 microgrammi per metro cubo, di gran lunga superiori a quelli di Delhi.

Il lato positivo dell’inquinamento di Delhi è che il primato poco gradito sta spingendo i politici ad agire. Il governo sta cercando di introdurre una normativa più stretta per i produttori di automobili e di costruire una circonvallazione attorno alla città. In Cina un recente sondaggio ha riscontrato che secondo il 94 per cento degli adulti la lotta contro l’inquinamento dovrebbe essere una priorità per il governo. Anche per questo sono state prese misure concrete. Il governo di Pechino ha lanciato un piano di targhe alterne e si prepara a chiudere le centrali a carbone.

La Cina, inoltre, ha creato un importante sistema di monitoraggio. I sistemi di allerta oraria sono all’origine delle familiari fotografie che mostrano i cinesi con indosso le mascherine protettive.

Oxford street, la strada più inquinata del mondo

Anche se le polveri sottili non sono l’unica forma di inquinamento atmosferico (ce ne sono molte) sono comunque responsabili per la maggior parte dei decessi in tutto il mondo. Un altro agente assassino è il biossido d’azoto (NO2), salito agli onori della cronaca per lo scandalo delle emissioni truccate dalla Volkswagen. In Europa i motori a diesel che emettono grandi quantità di NO2 sono diventati molto diffusi a causa di un vasto programma di incentivi. A Londra l’NO2 uccide più persone rispetto alle polveri sottili. Nel centro cittadino, dove circolano i famosi autobus rossi (alimentati a diesel), Oxford street è stata nominata la strada più inquinata del mondo per quanto riguarda il biossido d’azoto.

Anche in questo caso, quando l’informazione è stata resa nota, i londinesi sono rimasti sconvolti. Al momento è in programma la creazione di una zona a basse emissioni nella capitale britannica. I nuovi autobus rossi sono ibridi. Una piccola ong ambientalista ha denunciato il governo britannico davanti alla Corte di giustizia europea portando i dati sull’inquinamento atmosferico e ottenendo una condanna di Londra per incapacità di proteggere i cittadini dall’inquinamento in 40 delle 43 aree urbane del paese.

Nel frattempo i residenti di centinaia, forse migliaia di città non possono ribellarsi e chiedere ai politici di agire semplicemente perché i governi non effettuano le misurazioni necessarie.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è stato pubblicato da The Guardian.

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