Per più di dieci anni, le migliaia di nerd e appassionati di gadget che andavano a Las Vegas per la fiera dell’elettronica di consumo (Ces), non si sono trovati davanti solo dispositivi tecnologici di ultima generazione. Fino al 2012, infatti, il salone dell’elettronica ha coinciso con quello della pornografia, che spesso occupava uno spazio nello stesso edificio. I visitatori del Ces, che per la maggior parte erano maschi, potevano quindi guardare gli ultimi televisori a schermo piatto e subito dopo girare l’angolo per chiacchierare con le pornostar.
Non è un caso che questi due eventi siano stati organizzati nello stesso luogo per tanti anni. Il salone della pornografia era nato dalla sezione “video per adulti” del Ces negli anni novanta, quando i suoi partecipanti si stancarono di farsi relegare in un seminterrato buio del centro congressi. Nel 2011, un rappresentate del salone del porno stimava che le due fiere condividessero circa il 40 per cento dei visitatori. Furono poi separate l’anno dopo perché era molto costoso organizzare due grandi eventi in contemporanea: per questo ora si svolgono in posti diversi a pochi giorni di distanza.
I visitatori del Ces che vanno a sbirciare nello spazio brulicante di pornografia hanno buoni motivi per farlo, al di là delle signorine seminude. Se vogliono sapere quale sarà la prossima grande innovazione tecnologica, gli conviene fare un salto anche all’expo per adulti: da alcuni decenni infatti, l’industria del porno svolge un ruolo cruciale nel trainare l’adozione delle nuove tecnologie.
Senza il porno, ci sono buone probabilità che il videoregistratore non sarebbe mai decollato
L’influenza del porno sulla tecnologia si manifestò con il videoregistratore, dice Patchen Barss, autore del libro The erotic engine, che racconta la storia degli effetti della pornografia sulla comunicazione di massa. Prima che il videoregistratore facesse la sua comparsa nei salotti delle case, guardare un film per adulti voleva dire doversi infilare di nascosto in sale cinematografiche di dubbia reputazione.
La possibilità di guardarli nell’intimità di casa propria contribuì a creare un primo mercato per le apparecchiature di home-video, spiega Barss. Senza il porno, “ci sono buone probabilità che il videoregistratore non sarebbe mai decollato”.
Alcuni dei fattori che favorirono l’affermazione del videoregistratore contribuirono anche al diffondersi della tv via cavo, prosegue Barss. La tv via cavo permetteva di trasmettere contenuti più audaci, e questo era uno dei motivi che spingevano le persone a pagare per avere i canali aggiuntivi, nonostante gli altri fossero gratuiti.
Con i videoregistratori e la tv via cavo, l’industria dell’intrattenimento per adulti creò una prima ondata di nuovi utenti. “La pornografia influenza molto le tecnologie quando sono ancora nuove, imperfette, costose e difficili da usare”, dice Barss. “Creano un mercato iniziale che gli permette di svilupparsi fino al punto in cui sono pronte per il grande pubblico”.
In cerca di privacy
I principali consumatori di contenuti per adulti – ovvero i maschi giovani – di solito sono più disposti a sobbarcarsi i costi e i rischi legati all’uso di una nuova tecnologia, osserva Jonathan Coopersmith, docente di storia della tecnologia presso la Texas A&M university. Se scommettono sulla tecnologia sbagliata, le apparecchiature appena comprate possono rapidamente trasformarsi in ammassi costosi di plastica e metallo.
L’industria della pornografia non crea nuovi modi per comunicare, sottolinea Coopersmith, né è particolarmente capace di prevedere quali tecnologie siano destinate a decollare. Si limita semplicemente a sfruttare le innovazioni prima degli altri, e la sua forza è sufficiente a far sì che le persone siano disposte a seguirla.
Questa posizione di avanguardia tecnologica è in parte frutto di necessità. “Stare ai margini consente una certa agilità”, prosegue Barss. Quando infine le nuove tecnologie raggiungono il grande pubblico, possono diventare meno aperte ai contenuti per adulti, e lo stigma sociale associato al porno attira progressivamente i consumatori verso tecnologie ancora più nuove e in genere poco collaudate, che garantiscono una maggior privacy.
Qualunque sia la prossima frontiera dell’industria del porno, è probabile che batta di nuovo tutti sul tempo
L’ultima novità per quanto riguarda l’accesso privato alla pornografia è arrivata con internet. Sul web nemmeno il tizio dietro il bancone della videoteca è tenuto a sapere cosa combini. Ma anche se ha rappresentato un ulteriore passo verso l’isolamento, secondo Barss internet ha anche introdotto nel porno un senso di comunità. Le prime bacheche virtuali e i primi forum online hanno permesso alle persone di condividere contenuti erotici prodotti dagli utenti, pur mantenendo la distanza e l’anonimato. Per una volta, quindi, non era un’azienda pornografica ad attirare il pubblico verso una piattaforma promettendo divertimento spinto: era il pubblico a crearlo e condividerlo in prima persona.
Ovviamente le persone erano già in grado di prodursi il porno a casa da decenni. Il boom della pornografia casalinga si verificò negli anni settanta e ottanta con il diffondersi della videocamera, un apparecchio che secondo Coopersmith “ha trasformato il mondo della pornografia, cancellando la separazione tra produttori, distributori e consumatori”. E da quando internet ha semplificato il trasferimento di dati – tramite server privato, torrent o streaming – il grande pubblico è in grado di generare, condividere e guadagnare con i contenuti espliciti.
È proprio questo aspetto sociale ad aver sorpreso maggiormente Barss durante le sue ricerche. Qualunque sia la prossima frontiera dell’industria del porno – la realtà virtuale, il feedback tattile o teledildonica, oppure qualche altra nuova invenzione – è probabile che batta di nuovo tutti sul tempo, e che possa far nascere intorno a sé una nuova comunità. “Se il porno riesce a spingere la tecnologia è perché le persone, oltre a cercare una maggior privacy nel consumo, cercano anche nuovi modi di entrare in contatto con altre persone”.
(Traduzione di Matteo Colombo)
Questo articolo è stato pubblicato su The Atlantic.
This article was originally published on Theatlantic.com. Click here to view the original. © 2015. All rights reserved. Distributed by Tribune Content Agency
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Abbonati per ricevere Internazionale
ogni settimana a casa tua.