Per anni il settore dell’energia nucleare si è lamentato, chiedendosi: perché nessuno ci ama? Dopo tutto il nucleare ha permesso per molto tempo di produrre energia senza bruciare combustibili fossili. Ancora oggi in tutto il mondo le centrali nucleari generano più energia a zero emissioni di quanta ne producano eolico e solare messi insieme.

Eppure è stato (o almeno così sostengono alcuni) ignorato, odiato, emarginato. Gli ambientalisti tradizionali non volevano sentirne parlare, e si opponevano alla costruzione di nuove centrale denunciando il rischio di incidenti catastrofici. Nel 2017 la campagna Nuclear free (liberi dal nucleare) dell’organizzazione ambientalista Sierra Club avvertiva che in realtà l’energia nucleare aveva una “grande impronta carbonica”, perché per estrarre l’uranio usato nelle barre di combustibile nucleare sono usati combustibili fossili. Ma la stessa critica potrebbe essere mossa ai combustibili usati per estrarre litio, silicio e altri minerali con i quali si producono energie rinnovabili. Questa diatriba ha incattivito i sostenitori del nucleare e li ha trasformati nei bastian contrari di professione del mondo dell’energia. Con il nucleare potremmo salvare il pianeta, dicevano, se solo qualcuno ce ne desse la possibilità.

Come sono usciti da questo stato depressivo? La risposta, come per molti altri problemi della vita, è che dovevano semplicemente continuare a lavorare e aspettare.

Negli ultimi mesi il nucleare è diventato una parte irrinunciabile della strategia di decarbonizzazione, sia tra i conservatori sia tra i progressisti. Il nucleare rientra nei piani per ridurre le emissioni presentati da Stati Uniti, Regno Unito e Cina, e sembra destinato a giocare un ruolo ancora più importante nei paesi più poveri che vogliono continuare a puntare sull’industria pesante. Una serie di scommesse fatte nell’ultimo decennio sta dando i suoi frutti. Il nucleare forse non è amato, ma almeno si è guadagnato un po’ di affetto.

Elemento fondamentale
“Sempre più spesso questa tecnologia viene messa sul piano delle altre”, dice Jackie Toth, direttrice del Good energy collective, un’organizzazione progressista favorevole al nucleare. “È un momento di rinascita o di rottura? Un po’ entrambe le cose”. La svolta era evidente alla Cop 25 delle Nazioni Unite che si è tenuta a dicembre a Glasgow, in Scozia. Anche solo il fatto che si sia parlato del nucleare è degno di nota: “Mi avevano consigliato di non partecipare neppure alla Cop 25”, ha detto a Bloomberg Rafael Mariano Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica. E invece durante l’evento i rappresentanti di Stati Uniti, Russia e Brasile hanno detto che l’energia nucleare è un elemento fondamentale dei loro piani di decarbonizzazione.

In effetti l’amministrazione Biden ha trasformato le molte start-up che si occupano di “nucleare avanzato” negli Stati Uniti – con i loro reattori più piccoli e (si spera) più sicuri – in un’arma della sua diplomazia climatica. Alla Cop 25 Stati Uniti e Romania hanno annunciato un accordo in base al quale la start-up statunitense NuScale installerà cinque dei suoi reattori – che possono essere prodotti in fabbrica – al posto di centrali a carbone dismesse in Romania. In questo modo aiuterà il paese europeo, dove circa un settimo dell’elettricità proviene dal carbone, a eliminare gradualmente le sue centrali a carbone entro il 2032. Secondo Third way, un centro studi di orientamento centrista degli Stati Uniti, i reattori elimineranno 45 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno.

“Siamo molto ottimisti su questi reattori nucleari avanzati”, ha dichiarato Jennifer Granholm, segretaria all’energia degli Stati Uniti. “Abbiamo investito molti soldi nella ricerca e nello sviluppo di questi impianti”.

Negli ultimi anni anche il movimento per il clima si è avvicinato al nucleare. Nel 2018 l’Union of concerned scientists, nata come organismo di sorveglianza preoccupato dalla sicurezza nucleare, ha fatto sapere che più di un terzo degli impianti nucleari statunitensi è destinato a chiudere prima del previsto. Se dovesse succedere, hanno avvertito gli scienziati, gli impianti verrebbero probabilmente sostituiti da altri a carbone e gas naturale.

I politici statunitensi di entrambi i partiti sono ormai abbastanza aperti al nucleare, tanto che lo stanno sostenendo con importanti investimenti. Il disegno di legge sulle infrastrutture approvato dal parlamento di Washington prevede più di 8,47 miliardi di dollari per gli impianti nucleari esistenti (oltre a nuovi sussidi che contribuiscono a mantenerli in vita fino alla metà del decennio in corso) e per progetti di ricerca sulle tecnologie avanzate.

Naturalmente la situazione cambierebbe se dovesse verificarsi un grave incidente in una centrale nucleare

In atri paesi sta succedendo qualcosa di simile. La Cina sta progettando 150 nuovi reattori per i prossimi quindici anni. Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato che la Francia “rilancerà la costruzione di reattori nucleari” per la prima volta dopo alcuni decenni. Come riporta Bloomberg News, sono più reattori di quanti il mondo intero ne abbia costruiti dal 1986. E la “tassonomia verde” europea, un regolamento che serve a guidare gli investimenti privati sull’energia nell’Unione Europea, potrebbe includere il nucleare tra gli amici del clima.

Contemporaneamente alcune delle start-up statunitensi dell’energia nucleare si stanno lentamente preparando al loro ingresso sul mercato. Due aziende, TerraPower e X-energy, hanno presentato dei piani alla Commissione di regolamentazione dell’energia nucleare degli Stati Uniti. TerraPower, fondata e presieduta da Bill Gates, usa combustibile di uranio rivestito di refrigerante a base di sali fusi. X-energy, nel Maryland, usa sfere di grafite grandi come palle da biliardo chiamate “ciottoli” per il suo progetto di reattore.

I lettori avranno la sensazione di aver sentito parlare di reattori avanzati per anni senza capire bene cosa significhi o quando saranno pronti. Queste tecnologie sembrano occupare una strana zona intermedia, nella quale nessuno ha mai costruito un impianto del genere, ma nel quale la tecnologia è già sottoposta a revisione normativa. I primi progetti dimostrativi non entreranno in funzione prima di qualche anno. Potrebbe quindi sembrare poco saggio dipendere da queste tecnologie per determinare il mix di fonti d’elettricità che gli Stati Uniti useranno nel 2035, la data entro cui Biden vorrebbe decarbonizzare la rete elettrica.

Ma il ritardo della tecnologia nucleare è particolarmente concentrato nella prima fase del percorso che va tra l’ideazione e la commercializzazione. Normalmente sentiamo parlare di una scoperta scientifica o di una nuova tecnologia, poi aspettiamo anni (o decenni) prima di vederla sul mercato. Gli ingegneri capiscono come funziona la tecnologia mentre la costruiscono, testandola e poi adattandola a un ambiente di produzione di massa.

Ma a causa del rischio di incidenti nucleari, la tecnologia nucleare riceve l’approvazione normativa prima ancora di essere costruita. Il progetto di un nuovo reattore viene ispezionato e vagliato dalla Commissione di regolamentazione dell’energia nucleare. Un reattore nucleare avanzato approvato potrebbe passare dal progetto alla costruzione molto rapidamente: nel giro di pochi anni, TerraPower o X-energy potrebbero ricevere l’approvazione delle autorità per i loro progetti, costruire un’unità dimostrativa e poi – ammesso che questa funzioni – raccogliere un gran numero d’ordinazioni.

Naturalmente la situazione cambierebbe se dovesse verificarsi un grave incidente in una centrale nucleare. Negli ultimi cinquant’anni i disastri di Three Mile Island, Chernobyl e Fukushima hanno portato i governi e gli investitori ad abbandonare questa tecnologia. Dopo Fukushima il Giappone ha chiuso la sua flotta di cinquanta reattori nucleari, una dismissione che solo recentemente ha cominciato a invertire. La Germania ha invece adottato piani per mandare in pensione le centrali nucleari a zero emissioni di carbonio anni prima di chiudere le centrali a carbone.

Tutto ora deve avvenire in tempi relativamente brevi. “Le azioni decisive contro il cambiamento climatico e per le ordinazioni delle aziende produttrici d’energia devono avvenire prima del 2030”, dice Toth del Good energy collective. Le aziende, in particolare, devono decidere presto cosa costruire per adempiere alle promesse di un consumo netto di energia pari a zero. “Questo significa che i primi impianti nucleari avanzati negli Stati Uniti dovranno funzionare in maniera eccellente perché i clienti li preferiscano al gas naturale”.

Insomma, il nucleare si sta liberando dello stigma che lo accompagnava. È stato ammesso al tavolo degli adulti. È finito il tempo delle lamentele. Ora deve mantenere le sue promesse.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sull’Atlantic.

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