“Questa non è solo un’operazione militare contro il Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, ma anche un’occupazione a lungo termine di territori iracheni”, dice Yuhanna, un contadino cristiano proveniente da un villaggio assiro vicino al confine con la Turchia.
La presenza militare permanente in Iraq è stata preparata dall’esercito turco: Yuhanna ha assistito all’abbattimento di alberi, allo spianamento dei terreni e allo sfollamento di seicento persone dai villaggi della zona. I bombardamenti aerei e da terra non si sono ancora fermati e colpiscono le aree prossime alle comunità abitate, causando incendi diffusi.
La Turchia non solo è penetrata militarmente nella regione: ha anche alterato ecosistemi e ambiente, come hanno affermato i ministeri dell’agricoltura della regione curda e del governo centrale iracheno in una dichiarazione congiunta.
In uno scambio di dichiarazioni tra le due parti il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha detto che il governo iracheno avrebbe cooperato all’operazione. Il governo di Baghdad non solo ha smentito, ma ha anche condannato fermamente l’operazione di Ankara e ha convocato l’ambasciatore turco per manifestare il suo dissenso attraverso i canali istituzionali.
“Erdoğan sta cercando di tornare alle occupazioni tipiche del vecchio impero ottomano”, ha dichiarato l’ex parlamentare iracheno Josef Slaywa in un tweet. “L’esercito turco usa il pretesto di combattere il terrorismo per mascherare la sue vere mire, cioè l’ambizione di riprendere il controllo sulla provincia di Mosul, persa in maniera definitiva da Ankara nel 1926”.
(Traduzione di Francesco De Lellis)
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it