Il Werther di Massenet è un’opera che dalle nostre parti è passata di moda, ammesso che lo sia mai stata se non come veicolo promozionale da tenore.

Se comprate il mensile francese Diapason di novembre avrete modo di ascoltarla e decidere se secondo voi varrebbe la pena di farla tornare in circolazione più spesso. E soprattutto vi farete entrare in casa uno di quei tenori come non se ne fanno più: [Georges Thill][1].

Non se ne fanno davvero più: è tutta una scuola di canto che si è persa. E che permetteva agli artisti intelligenti di gestirsi un repertorio pauroso senza sfracellarsi: quest’uomo cantava il Werther e il Parsifal. E lo faceva con una voce che, come sintetizza la Wikipedia francese, era virile, souple et élégante.

Il Werther di Thill, annata 1931, è uno dei classicissimi della storia del disco. Esiste in mucchi di ristampe fatte più o meno bene. Questa non sente malaccio, ed è gratis. Lo consiglio assai. Magari poi scoprite che vi piace anche Massenet.

Per premio eccovi un assaggino di Thill, per sentire una meraviglia e per il piacere di sentire la Bohème in francese.

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Alberto Notarbartolo è un giornalista di Internazionale molto appassionato di musica e dischi.

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