Per Thanksgiving Amazon, il cattivo del giorno secondo il mio e altri (copioni!) giornali, aveva fatto delle offerte speciali a tappeto. Così io mi ero comprato il box di tutte le registrazioni di Vladimir Horowitz alla Carnegie Hall con una ventina di euro di sconto.
Ho cominciato ad ascoltare sti 41 cd stasera, partendo dal concerto del 17 gennaio 1949. Al secondo disco arriva Printemps, un pezzolino dalla Cenerentola di Prokofiev. E io, che stavo ascoltando con mezzo orecchio, sono tornato in ordine davanti allo stereo.
In due minuti e 50” Horowitz intrattiene i gentili ospiti del suo salottone con una favoletta piena di dolcezza, mostriciattoli che magari in realtà sono catttivissimi e piccole risate beneducate. Non fai in tempo a entrare in un clima che è già cambiato. Poi arrivano un altro pezzo della Cenerentola e due Études-tableaux di Rachmaninov. Qui le risate non sono per nulla tranquille, e alle fine c’è vera violenza.
Così ho deciso che se si vuole avere un’idea del fenomeno sensazionale che era il giovane Vladimir (aveva 44 anni. Giovane. Più di me oggi, perlomeno) questi dieci minuti sono un esempio perfetto. Il senso dell’umorismo, la violenza, la velocità e l’aria comunque di chi sta raccontando una storiella alle signore.
Che magari, tutte turbate dalla dolcezza che diventa una miniguerra nucleare, alla fine magari concedono anche el loro grazie al loro eroe della serata.
Horowitz non è uno serio, anche se ogni tanto fa finta di sì. La seconda sonata di Chopin mi è passata sopra come un allegro rullo compressore, e non è abbastanza per quella musica. Ma l’entertainer ha in serbo un arsenale di munizioni per spalmare gli spettatori di New York sulle loro belle poltrone.
Stasera ha spalmato me, anche se anziché essere sulla 57th street sono in una Milano uggiosamente prenatalizia.
Quindi viva lui. E viva anche il mio bello scatolone a forma di Carnegie Hall. Mi sa che mi riserverà altre serate-sorpresa.
Resta una domanda per mister Amazon. Carnagie?
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