Come i lettori e le lettrici della nostra rubrica Bushismi ricorderanno certamente, qualche mese fa il presidente degli Stati Uniti d’America ha ammesso di non leggere i giornali. Peccato, perché si è perso un interessante commento del Washington Post sul modo in cui sono stati accolti al loro rientro in patria i tre ostaggi giapponesi rapiti in Iraq. Stampa e opinione pubblica li hanno accusati di egoismo e di aver messo a rischio la missione giapponese in Iraq. Hanno ricevuto minacce di morte. Uno psichiatra che li ha visitati ha detto che il loro livello di stress era più alto in Giappone di quanto non lo fosse a Baghdad. E il governo ha chiesto il rimborso delle spese di rimpatrio, compreso il biglietto aereo (seimila dollari). Colin Powell ha detto che in Giappone dovrebbero essere “molto orgogliosi di avere dei cittadini così”. Ma l’orgoglio non è esattamente il sentimento dei giapponesi in questo momento. La storia degli ostaggi in Iraq parla del Giappone, ma soprattutto dell’importanza di capire (e rispettare) le diversità culturali.
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