Colonia si distingue per il modo di servire la birra. Nel resto della Germania la schiuma trabocca da pesanti boccali che sembrano secchi di vetro con il manico.
La Kölsch, invece, è servita nel lungo bicchiere chiamato Kölsch-Stange, che somiglia a una provetta. Sto bevendo con Parker, il nostro tecnico del suono, su una panchina fuori dal Pfaffen Brauerei.
Pioviggina e il locale è ancora pieno, così ci mettiamo a cercare un altro posto per mangiare.
Anche il Brauhaus Sunner Im Walfisch è pieno. Il capocameriere si attorciglia i baffi e poi ci infila a fatica su una panca, sotto un’aquila a due teste in ferro battuto che regge due lampadine con gli artigli.
Ordiniamo una Kölsch Tower, “alta” tre litri, simile a un beaker di un laboratorio chimico con un rubinetto sul fondo. Le tre persone sedute accanto a noi sono contente che ci piaccia la Kölsch. “Vi piace la Kölsch?”. Sì. Che cosa divertente. Ridono con degli “oh, oh, oh” come quelli di Babbo Natale.
Ordiniamo un Kölsch Kaviar. È un sanguinaccio freddo di colore rosso ruggine con dei quadratini bianchi di grasso. È lievemente speziato e servito con fette di cipolla e pane di segale. Gli allegri vicini tedeschi vedono che stiamo mangiando. “Vi piace il cibo tedesco?”. Sì. Anche questo è molto divertente. Oh, oh, oh.
Il mio arrosto della Renania ha un gusto intenso: fette di carne accompagnate da una densa salsa di uva passa e raviolini di patate che hanno la consistenza degli gnocchi. Parker prende uno zampetto di maiale: un grande osso di carne cotta al forno e cotenna croccante, attaccata al piatto da un purè di patate con più burro che patate.
Mangiare è un’attività fisica. Parker taglia la carne con le posate dentellate, ma gli scivola via. Un pezzo di cartilagine rimbalza dal suo piatto sul tavolo e poi sul pavimento. I clienti esplodono. Fragorose risate attraversano l’aria. “Fast Eddie!”. Oh, oh, oh. “Fast Eddie!”. Ci uniamo brevemente alla risata. “Fast Eddie!”. Non capiamo. “Fast Eddie!”. Ah, sì. Oh, oh, oh.
Ci scoliamo un’altra Kölsch e finiamo di mangiare. Loro stanno ancora ridendo, continuando a guardarci per vedere se faremo qualche altra buffonata. Ma non la facciamo. Parliamo della nuova consolle di mixaggio di Parker. La loro allegria si spegne. S’infilano la giacca delusi. Uno si gira speranzoso: “Fast Eddie?”. Parker forza un sorriso. “Fast Eddie”.
Internazionale, numero 648, 29 giugno 2006
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