Le biografie del giudice spagnolo Baltasar Garzón non parlano mai della sua splendida voce da tenore (la sua specialità è Andalucia de Jaen di Paco Ibáñez). Il 15 settembre ho avuto il privilegio, insieme a una decina di turchi e di armeni, di scoprire questa sua qualità in una sala con vista sul mar di Marmara a Istanbul.

L’occasione dell’incontro era la consegna a Garzón del premio annuale dedicato a Hrant Dink (io facevo parte della giuria). Il mese prossimo un tribunale spagnolo deciderà la sorte del giudice, accusato di aver violato la legge sull’amnistia aprendo un’inchiesta sulla scomparsa di 114mila persone durante il regime di Franco.

Dink è stato assassinato nel 2007. Nel 1996 aveva fondato il settimanale Agos per far conoscere la situazione degli armeni in Turchia. Dink era già stato condannato due volte per insulto allo stato (aveva parlato esplicitamente di genocidio degli armeni in un’intervista). Nonostante l’atmosfera sempre più pesante, Dink non volle lasciare il paese e rifiutò la scorta.

Il 14 settembre la corte europea dei diritti umani ha accusato la Turchia di non aver protetto il giornalista e di aver ostacolato l’inchiesta sul suo omicidio. Diciannove persone sono state incriminate, ma non si è indagato sul possibile coinvolgimento della polizia. La corte ha condannato la Turchia a pagare 105mila euro di risarcimenti. La vedova di Dink, Rakel, darà il denaro a un’ong che promuove l’istruzione dei poveri.

*Traduzione di Nazzareno Mataldi.

Internazionale, numero 865, 24 settembre 2010*

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