Secondo i mezzi d’informazione israeliani, il nostro paese è di nuovo in pericolo. Domenica subiremo un pericoloso attacco: centinaia di turisti, forse migliaia, atterreranno in Israele e chiederanno di andare in Cisgiordania. Che calamità! Che provocazione! Immaginate mille persone armate di biglietto aereo che si accalcano agli sportelli dell’immigrazione e pronunciano la parola proibita: Palestina.

La polizia, i servizi segreti, l’esercito, il ministero dell’interno, i funzionari dell’immigrazione, i giornalisti, il ministero degli esteri, le compagnie aeree: sono tutti reclutati per affrontare la minaccia. Se l’esercito di turisti-terroristi non sarà fermato all’aeroporto, il compito di intercettarli e rispedirli a casa spetterà alle forze dell’ordine.

Un coraggioso giornalista televisivo ha osato rivolgere una domanda al corrispondente per gli affari di polizia: “Cosa succede se li lasciamo passare tranquillamente?”. Il corrispondente, spiazzato, ha bofonchiato: “Ma no, è impossibile”. Figuriamoci. Benvenuti in Palestina è un’iniziativa che vuole denunciare il blocco israeliano (non quello della Striscia di Gaza, ma quello meno rigido della Cisgiordania).

Il governo israeliano, per la seconda volta, è caduto nella trappola. Dipingendo l’arrivo di centinaia di turisti come una minaccia terroristica (o almeno come un attacco di attivisti antisemiti), fa capire fino a che punto ha bisogno di nascondere al mondo il suo dominio indecente.

*Traduzione di Andrea Spracino.

Internazionale, numero 944, 13 aprile 2012*

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