Il gruppo di israeliani che ho conosciuto quasi per caso nel nord del paese continua a offrirmi spunti di riflessione. Tra le figure dominanti del gruppo c’era un quarantenne magro ed energico che indossava una kippa grande e colorata. L’uomo, un ebreo ortodosso con la barba folta, è nato in un kibbutz ed è cresciuto in un ambiente laico. Alcuni anni fa ha “visto la luce” e si è avviato lungo la strada della contrizione. Il termine ebraico per questo percorso significa “ritorno in pentimento”.
L’uomo mi ha raccontato di un recente viaggio con la famiglia in una splendida regione della Cisgiordania a sudest di Betlemme, e della visita all’insediamento di Bat Ayin.
I coloni di Bat Ayin sono quasi tutti “tornati in pentimento” come lui. Tre di loro sono stati riconosciuti colpevoli di aver fondato un gruppo terrorista che ha cercato di uccidere ragazzine palestinesi, mentre alcuni minori sono stati accusati di aver lanciato una bomba molotov contro un’auto palestinese, ferendo gravemente sei persone. Gli abitanti danno anche il tormento a due agricoltori palestinesi la cui famiglia coltiva da cinquant’anni un piccolo terreno (pestaggi, incendi, alberi sradicati, acque contaminate).
Quando l’uomo ha visitato Bat Ayin pioveva a dirotto, e lui e i familiari sono dovuti restare al chiuso. “Forse l’onnipotente voleva che lavorassimo per rafforzare la nostra unione”, mi ha spiegato. “Non credo”, ho risposto. “L’onnipotente vi ha punito per essere andati a Bat Ayin”.
Traduzione di Andrea Sparacino
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