La necessità urgente di avere del denaro contante mi ha costretta a spingermi in due insediamenti alla ricerca di un bancomat. Posso prelevare in tutto il mondo, ma a Ramallah no. In Cisgiordania la moneta più usata è lo shekel israeliano ma qui la banca israeliana mi costringe a comprare dollari, che poi sono automaticamente convertiti in shekel. Per questo di solito cerco di prelevare contanti quando sono a Gerusalemme.

Per me entrare in una colonia per motivi indipendenti dal lavoro è come infrangere un tabù, ma ero costretta a farlo. La prima dove sono stata è la comunità religiosa di Beit El. Ho scoperto però che a Beit El, 6.500 abitanti, non ci sono banche. Ne ho tratto due conclusioni: la prima è che molti abitanti della colonia lavorano in Israele; la seconda è che la comunità è abbastanza compatta da aiutare chi ha bisogno di contanti. Quindi mi sono spostata a Pisgat Zeev, una colonia con più di 40mila abitanti, molti dei quali sono immigrati russi. Nel centro commerciale dove sono entrata per cercare il bancomat, ho sentito molti parlare in russo.

A quel punto ho deciso di infrangere un altro mio tabù: fermarmi a bere un caffè. Il ragazzo dietro il bancone ha servito un ebreo ortodosso e una ragazza, scherzando con entrambi in ebraico. Poi ha preparato il mio espresso e ha detto qualcosa in arabo. Solo allora ho capito che era palestinese, come altri clienti del centro commerciale. In meno di novanta minuti ho attraversato tre mondi. Così lontani, così vicini.

Traduzione di Andrea Sparacino

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