“Gli israeliani si sono fatti una bella risata quando ci hanno dato l’Autorità Nazionale Palestinese”, ha detto un giovane di un villaggio vicino a Ramallah, in Cisgiordania.
Nella stessa stanza c’era un insegnante dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (Unrwa), profugo, che ha ricordato tutte le volte in cui all’inizio degli anni novanta l’esercito israeliano chiuse la sua scuola per vendicarsi dei bambini che lanciavano pietre. Un giorno un ufficiale gli disse: “Arriverà il giorno in cui vi mancheremo”. L’insegnante ha ammesso: “Aveva ragione”. E il giovane ha risposto: “Invece gli israeliani non se ne sono mai andati”.
Questa conversazione non mi ha sorpresa (ne sento di simili anche a Gaza), ma mi ha messo una grande tristezza. In Palestina negli ultimi vent’anni la vita è diventata sempre più difficile. L’occupazione è per natura un regime che agisce contro il benessere degli abitanti, ma anche l’Anp è strutturalmente portata a servire il potere israeliano.
Ho conosciuto l’insegnante e il ragazzo durante una visita a un campo profughi per un articolo sullo sciopero dei dipendenti dell’Unrwa. Circa 55mila bambini non vanno a scuola da 40 giorni, i centri sanitari sono chiusi e la spazzatura si accumula nelle strade di 19 campi in Cisgiordania. A quanto pare l’agenzia è stata aggiunta al lungo elenco dei “nemici dei palestinesi”. Così, per dare man forte ai dipendenti, anche gli abitanti dei campi hanno cominciato a protestare contro l’Anp.
“Traduzione di Andrea Sparacino”
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