Amira Hass sarà al festival di Internazionale a Ferrara il 6 e 7 ottobre.

Il lungo applauso mi ha fatto capire che l’uomo con la barba sullo schermo era particolarmente caro alla platea. Come avevo immaginato, Osman Kavala è in un carcere turco, condannato senza giusto processo, dall’ottobre del 2017.

La cerimonia di consegna del premio Hrant Dink, organizzata a Istanbul, è stata un’occasione per conoscere nei dettagli le tecniche di repressione degli altri paesi e le storie degli eroi che le combattono. La cerimonia si tiene ogni anno il 15 settembre, giorno della nascita del giornalista turco-armeno, ucciso nel 2007.

Quest’anno sono stati premiati l’organizzazione per la difesa dei diritti umani yemenita Mwatana e l’attivista politico turco Murat Çelikkan, anche lui ex carcerato.
L’annuncio dei vincitori è stato preceduto da un filmato intitolato Fonti d’ispirazione, che mostra varie persone e attività. L’ultimo ad apparire era Kavala.

Erede di un grande patrimonio, Kavala ha promosso per decenni iniziative culturali che aspiravano a raggiungere la periferia turca, per diffondere la cultura come strumento di democratizzazione e includere armeni e curdi nella società, riconoscendo le responsabilità per la loro sofferenza.

Kavala ha anche fondato una casa editrice di sinistra, İletişim, e il centro culturale Anadolu. Non avendo alcun talento imprenditoriale, ha quasi prosciugato il patrimonio di famiglia. Oggi, non ancora ufficialmente condannato, è accusato di aver “cercato di rovesciare il governo e l’ordine costituzionale”.

Questo articolo è uscito il 21 settembre 2018 nel numero 1274 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati

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