Ci sono tanti motivi per criticare il sistema sanitario statunitense, ma lasciate che vi racconti una storia per spiegarvi i suoi punti di forza. Appena quindici anni fa l’hiv uccideva migliaia di persone negli Stati Uniti (tra i giovani ha causato sei volte più vittime della

guerra in Vietnam).

I ricercatori non avevano ancora trovato un modo per impedire al virus di insediarsi nei sistemi immunitari delle persone e distruggerli. Nel 1993 mi è stato detto che avevo pochi mesi di vita. Ora, sedici anni dopo, il mio sistema immunitario è più forte che mai. Ed è tutto merito del tanto discusso sistema sanitario statunitense.

Senza il libero mercato dei farmaci e dell’assistenza, senza la possibilità di ottenere grandi profitti con i pazienti più ricchi, le terapie non si sarebbero mai sviluppate così rapidamente. Oggi abbiamo decine di terapie contro l’hiv, prodotte da aziende private in concorrenza tra loro, e io sono ancora vivo.

Ma c’è un trucco. Questo miracolo è stato possibile solo perché il mio datore di lavoro mi garantiva una copertura sanitaria. Quando ho lasciato la direzione di The New Republic, anche per affrontare il peso della mia condizione, il mio datore di lavoro è stato generoso: ha continuato a versarmi un salario minimo per evitare che perdessi l’assistenza sanitaria. Una volta persa quella, negli Stati Uniti non sarei mai riuscito a ottenerne un’altra: nessuna compagnia mi avrebbe accettato.

Un freelance con l’hiv e senza assicurazione aveva un’unica possibilità per salvarsi: indebitarsi fino a dichiarare la bancarotta. Se avessi perso tutto, avrei avuto diritto all’assistenza pubblica, perché i più poveri sono accolti nei reparti di pronto soccorso degli ospedali. Anch’io avrei potuto perdere tutto per non morire. Ed è questa la fine che fanno molte persone della classe media negli Stati Uniti, che perdendo il lavoro perdono anche l’assistenza sanitaria.

È proprio questo il cuore della riforma proposta da Barack Obama. È vero, trovare il modo di frenare l’aumento dei costi è essenziale. E il disegno di legge finale, frutto di un compromesso, non fa abbastanza per raggiungere questo traguardo. Ma quello che il presidente difende è un po’ più di sicurezza per la classe media. Ed è per questo, secondo me, che la sua proposta è politicamente molto più pericolosa per la destra di quanto pensino i commentatori repubblicani.

C’è chi ha capito la forza di questa riforma. Nel 1993, quando i Clinton ne proposero una molto più ambiziosa, lo stratega repubblicano Bill Kristol scrisse un memorandum in cui sosteneva che la destra non doveva fare controproposte: doveva affossare la legge. Nel documento scriveva: “Se entrerà in vigore, la riforma permetterà di rilegittimare la dipendenza della classe media dalle spese del governo in materia di ‘sicurezza’.

Rilancerà la reputazione dei democratici come partito che spende e regola, protettore generoso degli interessi della classe media. E scatenerà pesanti attacchi contro il fatto che i repubblicani pretendono di difendere la classe media ostacolando il governo”.

Capisco questo punto di vista e, date le mie tendenze libertarie, non apprezzo l’intervento del governo quando non è necessario. Ma il discorso che Obama ha fatto il 9 settembre era rivolto a persone come me: diffidenti verso i cambiamenti e il governo, ma consapevoli che il sistema attuale è inefficiente e per certi versi crudele, perfino immorale. “Credo abbia più senso costruire su quello che già funziona e aggiustare quello che non funziona, invece di costruire da zero un sistema completamente nuovo”, ha detto, facendo balenare la speranza di un futuro senza preoccupazioni.

“Appena firmerò questo provvedimento, le compagnie assicurative non potranno più negarvi la copertura quando vi ammalate o ridurla quando ne avete più bisogno”. Obama ha continuato a frustrare sia la sinistra sia la destra, rifiutando di fargli troppe concessioni. Vuole alcune garanzie, per essere sicuro che nessuno sia privato della copertura per motivi economici, ma ha evitato di proporre la public option (cioè la possibilità di scegliere l’assistenza pubblica) sostenuta dalla sinistra.

Ha assicurato agli ospedali privati, alle compagnie assicurative e all’industria farmaceutica un nuovo, ampio portafoglio di clienti. Anche se l’ipotesi della public option dovesse passare, probabilmente riguarderebbe solo il 5 per cento degli statunitensi. Il resto sarebbe ancora coperto dal settore privato.

La riforma proposta da Obama non sembra ideale a nessuno, ma eliminerebbe gran parte dell’insicurezza e dell’ansia diffuse nella classe media statunitense. Ed equivarrebbe a una copertura sanitaria universale inserita in un sistema quasi completamente privato. Se la riforma passerà, Obama diventerà un eroe per il Partito democratico.

E se funzionerà, sarà un eroe per tutti quelli che, come me, in passato hanno avuto paura di ammalarsi perché rischiavano di perdere tutto. Tutta questa complessa e confusa proposta di legge in realtà si riassume in una frase: garantire una sicurezza di base a molte persone che non ne hanno quasi nessuna. Anche un conservatore liberista dovrebbe capire che è una cosa positiva e accettarla, o almeno provare a fare una proposta migliore.

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