Questa Pasqua abbiamo saputo una cosa sul conto di papa Benedetto XVI che un anno fa non sapevamo: che è stato coinvolto nell’insabbiamento di due casi di stupro e molestie sui bambini, avvenuti uno in Germania e l’altro negli Stati Uniti.
A questo punto è difficile distinguere la sua carriera da quella di tanti altri vescovi e cardinali colpevoli di aver ignorato o insabbiato gli abusi compiuti dai loro sottoposti sul corpo e sull’anima di persone giovani e vulnerabili.
Il Vaticano ha passato la settimana santa a replicare a queste accuse, ma non può cancellare i fatti. Il caso tedesco è quello più chiaro, in quanto direttamente legato all’allora cardinale Joseph Ratzinger.
Ecco i fatti: un sacerdote di nome Peter Hullermann è stato giudicato colpevole di aver stuprato i bambini di almeno tre famiglie di Essen alla fine degli anni settanta. Il parroco dichiarò che le famiglie “non avevano voluto sporgere denuncia”, e così il caso finì davanti a Ratzinger.
Il cardinale decise di non denunciare il sacerdote ma di spedirlo in terapia, consentendogli di restare in attività, e quindi di compiere nuove molestie. Dopo, infatti, quel sacerdote violentò molti altri bambini.
Nel 1986 fu giudicato colpevole da un tribunale tedesco, ma la sua condanna venne sospesa. Per difendere il papa la Santa sede ha detto che lui non ne sapeva nulla e che la responsabilità era del suo vice di allora, Gerhard Gruber.
Poi però lo psichiatra consultato all’epoca ha dichiarato al New York Times di aver più volte contattato l’ufficio del cardinale Ratzinger per avvertirlo che quel sacerdote era un “pericolo” per i bambini.
Si è saputo inoltre che il futuro pontefice aveva ricevuto in copia un memorandum sui motivi per cui il violentatore era stato mandato in terapia. In quel memo c’era scritto che il sacerdote sarebbe tornato al suo lavoro pastorale quasi subito.
“Né il Vaticano né l’arcidiocesi tedesca hanno mai detto che al cardinale Ratzinger era stata inviata una copia del memorandum sull’assegnazione di padre Hullermann a un altro incarico”, scrive il New York Times. Il papa ha reagito alle notizie facendo attaccare il quotidiano statunitense dai suoi sottoposti e facendo definire “chiacchiericcio” le nuove rivelazioni.
Il caso statunitense è più complesso. Riguarda gli abusi commessi nel Wisconsin su duecento bambini sordi da parte di un certo padre Lawrence Murphy. Gli stupri, le molestie e gli abusi sono andati avanti per decenni e le gerarchie ecclesiastiche si sono rifiutate di intervenire. Come ha riferito il Milwaukee Journal Sentinel, Murphy “entrava di notte nel dormitorio, li portava in uno stanzino e li molestava”.
Ci sono voluti vent’anni (e duecento vittime) prima che il caso arrivasse a Roma nel 1996. Alcuni degli abusi erano avvenuti dentro il confessionale, quindi doveva occuparsene il capo della Congregazione per la dottrina della fede Joseph Ratzinger.
I principali colpevoli di questi abusi sono stati gli arcivescovi locali, che sapevano tutto e non hanno fatto niente. Ma quando il caso è arrivato all’attenzione di Ratzinger, nel 1996, la Congregazione ha preso tempo, non ha allontanato il colpevole dal sacerdozio e quando Murphy stava ormai per morire, ha chiesto alle autorità ecclesiastiche di interrompere il processo canonico.
Ratzinger ha dovuto gestire il caso di un sacerdote che aveva abusato per decenni di duecento bambini sordi. Perché non ha pensato di doverlo risolvere rapidamente? Doveva proprio preoccuparsi del rischio di uno “scandalo dilagante” e dell‘“esigenza di segretezza”? Era proprio necessario esortare l’arcivescovo a sospendere il processo in considerazione della malattia e della morte imminente del responsabile?
Posso parlare solo per me che sono un cattolico omosessuale ancora legato alla verità dei Vangeli e alla sacralità della chiesa. E dico: non mi sarei mai comportato così. E allora vorrei fare una domanda ovvia: come può il papa avere una qualche autorevolezza morale su qualsiasi tema fino a quando non spiegherà questi eventi e non si dichiarerà responsabile e pentito o si dimetterà?
Un papa privo di autorevolezza morale non ha senso. Certo, ha il potere ecclesiastico. Ma il potere ecclesiastico senza autorevolezza morale sottolinea il vuoto di un clero che vuole solo perpetuare se stesso senza render conto del suo operato. È consapevole il papa che nessun genitore riuscirà mai a immaginare di far parte dello stesso universo morale di un uomo del genere?
Naturalmente papa Benedetto XVI non si dimetterà. E non si pentirà in pubblico. È tutto “chiacchiericcio” alimentato dai nemici della chiesa. Sono cose del passato. E le anime e i corpi violati che restano lì – le vittime segnate per sempre da questi abusi di potere – dov’erano in questa Pasqua?
Dovranno chiedere giustizia allo stato e guarigione a Dio. Al di là del tradimento, ci resta la nostra fede, anche se non possiamo più fidarci delle gerarchie della chiesa. La sua autorevolezza morale è finita. La nostra battaglia morale, invece, va avanti, fino a quando troveremo salvezza in un Dio che ama i bambini e non li violenta.
*Traduzione di Marina Astrologo.
Internazionale, numero 841, 9 aprile 2010*
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