Immaginate di sentirvi tristi e inadeguati. Qualcuno che vi ama vuole aiutarvi e dice qualcosa di incoraggiante, per esempio: “Sei perfetto così come sei!”. Sembra una bella cosa da dire, ma in realtà è forse la frase più pericolosa che qualcuno possa rivolgerci – o che possiamo rivolgere a noi stessi – quando ci sentiamo insicuri. Queste parole, infatti, provocano un’enorme dissonanza cognitiva.

“È così che ci si sente a essere perfetti?”, ci domandiamo quando l’effetto positivo del complimento si esaurisce. A quel punto le conclusioni logiche sono due: o affrontiamo uno status quo deprimente senza speranza di miglioramento oppure accusiamo il mondo esterno per la nostra infelicità. La prima conclusione porta alla depressione, mentre la seconda ci spinge verso una rivolta rabbiosa nei confronti di un universo malefico.

La verità è che non siamo perfetti come non lo è nessun altro. E questa sì che è una splendida notizia. Se riusciamo ad accettare questa realtà avremo la speranza di migliorare noi stessi e la nostra vita, riuscendo finalmente a essere felici. Noi umani abbiamo una tendenza innata a esagerare le nostre qualità positive e a sentirci migliori degli altri. Si chiama “bias di conferma” e produce tutta una serie di percezioni distorte.

Negli anni ottanta alcuni ricercatori hanno dimostrato che l’ottanta per cento degli automobilisti riteneva di avere abilità di guida superiori alla media. Se guidi regolarmente sai bene che non può essere vero, eppure molti di noi continuano a ritenersi più capaci degli altri. Le persone tendono inoltre ad attribuirsi qualità superiori in campo etico e morale. Per esempio di solito ci consideriamo onesti e calorosi, o lavoratori instancabili. Al contempo tendiamo a ritenere gli altri pigri, freddi e ipocriti. Questa dinamica è particolarmente forte tra i giovani adulti e le persone di mezza età, che pensano di essere migliori degli altri sotto diversi punti di vista.

Uno dei motivi dietro questo fenomeno è che il bias di conferma ci risparmia la sofferenza mentale che deriverebbe da un confronto negativo con gli altri. I neuroscienziati che nel 2013 hanno pubblicato un articolo sui Proceedings of the National Academy of Sciences hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale (Fmri) e la tomografia a emissione di positroni (Pet) per dimostrare che sentirsi migliori degli altri stimola il rilascio di dopamina, che a sua volta tiene a bada l’attività in parti del cervello come l’area dorsale della corteccia cingolata anteriore, un’area associata all’angoscia.

Come prevedibile, le persone prive del bias di conferma soffrono più di quelle che ne sono provviste. Anche se le cose non sono chiare, alcuni studiosi sostengono che i soggetti che valutano accuratamente se stessi tendono a manifestare disturbi dell’umore come la depressione, un fenomeno chiamato “realismo depressivo”.

Sentirsi dire di essere meravigliosi o addirittura perfetti stimola la nostra necessità di autoaccrescimento. È per questo che le persone vicine a noi ci dicono queste cose. Inoltre, possiamo anche farlo da soli. Intere tecniche psicologiche sono state costruite sul bias di conferma, come lo stimolo dell’autostima attraverso le affermazioni positive. Al Franken ha proposto una famosa parodia di questa tecnica con il suo personaggio comico Stuart Smalley, la cui frase tipica era “sono abbastanza buono, abbastanza intelligente e piaccio alla gente, dannazione!”.

Tuttavia, anche se l’autoaccrescimento provoca sensazioni positive a breve termine, non è una soluzione duratura per i problemi della vita. Presto o tardi, infatti, siamo condannati a fare i conti con la verità. Per esempio alcuni ricercatori che hanno pubblicato uno studio sul Journal of Personality and Social Psychology hanno dimostrato che gli studenti universitari con una percezione ingigantita delle loro capacità accademiche presentavano un umore migliore e sensazioni più piacevoli. Ma l’illusione della superiorità non provocava un miglioramento dei loro risultati scolastici. Al contrario, quegli studenti disattendevano spesso le proprie aspettative, riducendo la propria autostima sul lungo periodo.

Tutto questo suggerisce un collegamento tra la nostra tendenza a fare complimenti agli altri (soprattutto a ragazze e ragazzi) per stimolarne l’autostima nell’immediato e l’incremento dei disturbi dell’umore tra i giovani adulti a lungo termine.

Inoltre, questo fenomeno può spiegare come mai molti giovani finiscano per ritenere che il mondo gli sia ostile. “Se sono fantastico, allora sono gli altri a creare i miei problemi”. È facile capire perché molti ragazzi credono di vivere una situazione triste e ingiusta quando devono affrontare il fatto che i risultati a scuola o al lavoro non corrispondono alla propaganda dell’autoaccrescimento. E così ci ritroviamo davanti a un dilemma: vogliamo sentirci meglio e far sentire meglio anche gli altri, ma la tendenza a farlo attraverso l’autoaccrescimento è una soluzione di breve durata che alla lunga comporta conseguenze negative. Allora vi suggerisco quattro frasi più sane e accurate da dire a voi stessi e agli altri.

Non sei perfetto, ma sei normale

Invece di cercare di cancellare le emozioni negative, cominciamo enfatizzando il fatto che siamo tutti normali nelle nostre imperfezioni. Il dolore, fisico o mentale, è un segno che qualcosa non va. Di solito lo interpretiamo come la prova che qualcosa, dentro di noi, è anormale o fuori uso. Questo sentimento è rafforzato da una cultura che tende a inquadrare i dolori emotivi come patologie che hanno bisogno di una cura e non come una parte intrinseca della vita. Naturalmente le sofferenze mentali sotto forma di depressione o ansia possono derivare da un disturbo che necessita di una risposta terapeutica, ma di per sé il dolore emotivo è una delle cose più normali che esistano. Se non vi siete mai sentiti tristi e inadeguati allora è certo che c’è qualcosa che non va.

Accetta te stesso

Accettare le proprie imperfezioni è più salutare che cercare di convincersi che non esistano. Trattare noi stessi con compassione – anziché con biasimo o disonestà – ci rende più compassionevoli nei confronti degli altri. Nel 2020 alcuni ricercatori hanno scoperto che quando le persone accettavano i propri difetti diventavano più tolleranti rispetto ai difetti che percepivano nel partner o nei conoscenti. Per accettare le nostre imperfezioni abbiamo bisogno di riconoscerle senza giudicarle, ammettere che sbagliare è umano e analizzare con calma il dolore.

Lavora per migliorare

Dire “in questo momento ho questo difetto” non significa credere che sarà così per sempre. Al contrario, l’accettazione può e deve facilitare il miglioramento. Se avete imparato una seconda lingua da adulti sapete sicuramente che accettare le difficoltà iniziali con buonumore è estremamente importante, in modo da avere un incentivo a migliorare ed esercitarvi facendo errori senza sentirvi in imbarazzo. In quest’ottica è fondamentale resistere alla tentazione dell’autoaccrescimento. Se vi convincerete di poter imparare rapidamente e facilmente a parlare un’altra lingua non farete mai progressi.

Evitate di dare la colpa agli altri

Come abbiamo visto, il problema dell’autoaccrescimento è la necessità di fare i conti con la realtà delle proprie imperfezioni a lungo termine. Quello è il momento in cui notiamo la dissonanza cognitiva, in cui due convinzioni – sono fantastico/non sono affatto fantastico – creano una tensione incompatibile. Questa tensione può spingere a cercare una spiegazione esterna: sono fantastico ma sono penalizzato da forze esterne o da altre persone. In alcuni casi può davvero essere così, ma di solito si tratta di una forma diversa di autoinganno, che tra l’altro causa grandi sofferenze. Gli esperti hanno dimostrato che le persone con scarsa capacità di autoregolamentazione emotiva tendono a incolpare gli altri per i propri errori. Questa forma d’illusione può neutralizzare i cattivi pensieri nel breve periodo, ma gli studiosi sottolineano che assumersi la responsabilità delle proprie decisioni è una strategia migliore per gestire le emozioni negative a lungo termine.

Un ultimo suggerimento: rivalutate le vostre imperfezioni (e quelle degli altri) smettendo di considerarle fallimenti ma inquadrandole come rompicapo interessanti da risolvere. Se amate i rompicapo sapete che all’inizio ci piacciono quelli facili, ma poi finiscono per annoiarci e cerchiamo alternative più complesse. Se invece sono troppo difficili, ci sentiamo frustrati.

Lo stesso principio si applica quando pratichiamo uno sport o impariamo a suonare uno strumento. A ogni livello di abilità bisogna trovare l’equilibrio fra troppo facile e troppo difficile. Il livello di gradimento sale man mano che affiniamo le nostre capacità e siamo in grado di affrontare mansioni più complicate. Le sfide della vita sono come i rompicapo. La mia sensazione è che buona parte dell’aumento dell’infelicità rilevato dai ricercatori derivi dal fatto che utilizzando l’autoaccrescimento per evitare la sofferenza rimaniamo intrappolati al di sotto del livello di gradimento nell’affascinante gioco dell’automiglioramento.

Pensate di non dover migliorare perché siete già perfetti? Che noia.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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