Non possiamo far altro che inchinarci davanti a una simile prova di intelligenza collettiva. Hassan Rohani, l’uomo che venerdì è stato scelto dagli iraniani come nuovo presidente della repubblica, è una figura poco conosciuta nel paese. Più moderato che riformatore, è un uomo di centro che non si è mai compromesso con gli elementi più inflessibili del regime ma allo stesso tempo non ha mai sostenuto le manifestazioni di protesta scatenate dai brogli che hanno privato i riformatori della vittoria alle precedenti elezioni presidenziali, nel 2009.

All’inizio Rohani non sembrava avere niente che potesse convincere così tanta gente ad abbandonare i progetti di astensione, ma nel giro di pochi giorni la popolazione è stata capace di capire perfettamente la situazione. Tre giorni prima dello scrutinio, gli iraniani hanno visto l’unico candidato riformatore ritirarsi per lasciare a Rohani il compito di combattere i conservatori. Dai social network e dalle radio straniere hanno scoperto che gli ex presidenti Mohammad Khatami e Hashemi Rafsanjani, due grandi figure delle correnti riformatrice e moderata, avevano deciso di sostenere Rohani, e immediatamente hanno capito che votare per lui significava votare contro i conservatori, contro la Guida suprema e contro il clima di tensione con le grandi potenze straniere sul nucleare. Il popolo, insomma, ha scelto il voto utile. Di sicuro Rohani non è l’uomo che avrebbero voluto, ma è l’uomo che bisognava eleggere per sconfiggere l’ala più estrema del regime.

In questo senso il voto di venerdì è un’espressione di intelligenza collettiva e di un reale senso politico che fa onore a un popolo istruito e acuto. Da oggi le cose cambieranno, in Iran e nella regione.

Sul fronte interno l’elezione al primo turno del candidato della “moderazione” contro “l’estremismo”, l’uomo che già dieci anni fa aveva saputo trovare un compromesso con le grandi potenze durante il secondo mandato di Mohammad Khatami, significa che l’Iran ha votato in massa per un cambiamento in politica estera. In futuro la Guida non potrà liquidare il nuovo presidente come un avversario del regime e dovrà tenere conto del fatto che lo stato delle finanze pubbliche, devastate dalle sanzioni internazionali, obbliga il governo a cercare un accordo sul nucleare. Dal punto di vista istituzionale il presidente ha poco potere rispetto alla Guida suprema, ma con un mandato così chiaro e un paese al collasso, Hassan Rohani avrà un’influenza maggiore di quella che gli concede la costituzione.

In questo fine settimana è emersa una nuova dinamica politica che lentamente imporrà un’apertura interna e un aumento del margine di manovra del nuovo presidente. La giornata di venerdì ha sancito la vittoria di un fronte unito formato dai moderati, dai riformatori e dai conservatori meno ottusi. In futuro le grandi potenze potrebbero ottenere reali garanzie sul fatto che il programma nucleare iraniano si limiterà agli usi civili e magari riusciranno a negoziare una soluzione accettabile in Siria.

Non sarà facile e non ci sono garanzie, ma era da tempo che la comunità internazionale non riceveva una notizia così incoraggiante.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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