A questo punto bisogna prendere atto di come stanno le cose. I rapporti tra la Federazione russa e il binomio Ue-Usa stanno per sgretolarsi, e niente sembra poterlo impedire.
Due giorni fa la situazione appariva incoraggiante, perché a Parigi gli occidentali avevano strappato al ministro degli esteri russo una sorta di assenso sulla creazione di un “gruppo di contatto” a cui avrebbero partecipato sia la Russia che le nuove autorità ucraine. Il “sì” di Sergei Lavrov era condizionato all’approvazione di Vladimir Putin, ma giovedì mattina la risposta è arrivata dalla Crimea: il parlamento della Repubblica autonoma attualmente controllata dalle forze russe ha infatti chiesto l’annessione alla Federazione russa, e ha deciso di organizzare il prossimo 16 marzo un referendum per ratificare questa scelta.
Il dado è tratto, dunque. Mentre Washington continua ad alzare i toni, il Consiglio europeo straordinario riunito a Bruxelles ha annunciato una serie di sanzioni in tre fasi contro la Russia. Se da un lato gli occidentali non accetteranno senza reagire la divisione dell’Ucraina, dall’altro la Russia non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro, e anche se Putin si limitasse all’annessione della Crimea senza forzare la secessione delle regioni orientali dell’Ucraina siamo comunque vicini al punto di non ritorno.
All’orizzonte aleggia una guerra fredda economica in cui le sanzioni occidentali sarebbero seguite dalle rappresaglie russe, in una spirale che potrebbe portare alla cancellazione di gran parte degli scambi commerciali tra Russia, Unione europea e Stati Uniti. A tal proposito è sintomatico che giovedì sera, a Parigi, una cinquantina tra giornalisti e imprenditori francesi abbiano assistito sbigottiti a un violento scontro verbale tra un importante diplomatico francese e il presidente della Commissione affari esteri della Duma che difendeva le posizioni del governo russo. La situazione, insomma, è già molto instabile. Ma quali saranno i prossimi sviluppi?
Salvo imprevisti possiamo aspettarci che Putin ritrovi una grande popolarità nel suo paese. La Crimea fa parte dell’Ucraina soltanto dal 1954, ed è un territorio storicamente russo abitato soprattutto da russi (o da persone che si considerano tali), e dunque la maggioranza dei russi sarà grata al suo presidente per aver riconquistato la penisola sul Mar Nero.
Tuttavia il consolidamento del potere di Putin spingerà la Russia nelle mani della Cina, perché una volta consumata la rottura con gli occidentali Pechino resterà l’unico alleato di Mosca, un alleato molto ingombrante che potrebbe danneggiare gli interessi russi, soprattutto in Siberia. In questo senso Mosca sta chiaramente andando incontro a un declino accelerato, mentre gli europei potrebbero finalmente prendere atto che non possono andare avanti senza una diplomazia e una difesa comuni.
Se ciò accadrà, la crisi ucraina avrà avuto almeno il merito di accelerare l’integrazione europea, e non sarebbe poco.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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