È una pessima notizia. In fondo c’era da aspettarselo, perché sapevamo che l’ultimo giro di trattative tra le grandi potenze e l’Iran puntava a raggiungere due obiettivi in una sola volta: imporre a Teheran le modalità per passare alla fabbricazione effettiva dell’arma atomica e stabilire le tappe, se l’accordo fosse stato firmato, per cancellare le sanzioni economiche nei confronti della repubblica islamica.
Tutto lasciava prevedere un fallimento del negoziato, ma allo stesso tempo c’era una chiara volontà di arrivare a un compromesso sia da parte di Barack Obama sia di Hassan Rohani, il moderato eletto alla guida dell’Iran. Una soluzione è ancora possibile, ma ora che la rottura si è consumata e le parti hanno fissato una nuova scadenza per il prossimo 30 giugno dobbiamo ammettere che superare gli ostacoli sarà più difficile di quanto non fosse fino a ieri.
A Washington, il congresso (sia la parte democratica sia quella repubblicana) parla già di nuove sanzioni contro l’Iran, anche perché non ha mai creduto che Teheran potesse veramente rinunciare alla bomba. I parlamentari statunitensi sono convinti che l’Iran volesse guadagnare tempo e che solo un’azione militare potrebbe spingere Teheran ad abbandonare le sue ambizioni nucleari. Obama, dunque, avrà le mani sempre più legate.
In Iran le cose non vanno certo meglio. Il majles (il parlamento iraniano dominato dai conservatori) è fondamentalmente ostile al negoziato. I falchi iraniani non vogliono cedere su quelli che considerano i diritti nucleari del paese (civili, a sentire loro). Come accade a Washington, anche qui entrano in gioco questioni di politica interna. Così come i repubblicani non vogliono che Obama possa fare bella mostra di un successo diplomatico, i conservatori iraniani non vogliono che Rohani diventi un eroe nazionale per aver ottenuto la cancellazione delle sanzioni (la missione che gli hanno affidato gli elettori) trovandosi nella posizione di poter liberalizzare il regime e trasformare in realtà il peggiore incubo dei falchi del paese.
Ieri Rohani ha parlato dei progressi della trattativa, e lo stesso hanno fatto gli occidentali. Questi progressi saranno anche reali, ma il tempo non è dalla parte della moderazione e la comunità internazionale rischia di perdere tre occasioni storiche.
La prima è la costituzione di un fronte militare iraniano-statunitense contro i terroristi dello Stato islamico. La seconda è la possibilità di trovare un accordo con Teheran che possa mettere fine al bagno di sangue in Siria. La terza è quella di vedere i moderati trionfare in Iran e permettere al paese di sviluppare tutto il suo potenziale intellettuale e diventare una potenza di pace e di stabilità nella regione.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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