Per i paesi dell’islam sunnita, che sono la maggioranza in Medio Oriente, era stato oltrepassato il limite. In un momento in cui le grandi potenze e l’Iran sembrano vicini a un compromesso sul nucleare e Teheran, campione dell’islam sciita e minoritario nella regione, potrebbe ottenere la cancellazione delle sanzioni economiche che strangolano la sua economia, gli houthi (sciiti yemeniti sostenuti del denaro e dalle armi iraniane) erano sul punto di impadronirsi del paese che controlla l’accesso al mar Rosso e al canale di Suez.

La situazione minacciava di rovesciare il rapporto di forze tra le due grandi correnti dell’islam a favore degli sciiti, e per questo, nella notte tra mercoledì e giovedì, la potenza di riferimento del campo sunnita, l’Arabia Saudita, ha deciso di intervenire nello Yemen contro gli houthi. Riyadh ha agito su richiesta del presidente yemenita, un sunnita, e oggi si ritrova impegnata in una guerra contro l’Iran (per quanto indiretta) al fianco della quasi totalità dei paesi sunniti: le monarchie del Golfo, l’Egitto, la Giordania, il Sudan, il Marocco e anche il lontano Pakistan, pronto a partecipare a un’azione sul campo.

Battezzata con il nome di “tempesta decisiva”, l’operazione appoggiata (senza partecipare) dagli Stati Uniti è sostenuta anche dalla Turchia, il cui presidente ha parlato giovedì di una volontà di “dominio” iraniana sulla regione. Questa guerra di religione ha continuato a svilupparsi da quando gli Stati Uniti, dopo aver rovesciato Saddam Hussein, hanno offerto l’Iraq all’Iran piazzando alla guida del paese la maggioranza sciita.

Il conflitto non è più in fase embrionale, ma è diventato una guerra aperta che minaccia di trascinare tutto il Medio Oriente in un caos che potrebbe durare per decenni. Da un lato abbiamo l’Iran e i suoi principali alleati: Hezbollah (potente organizzazione politico-militare sciita diventata la prima forza politica in Libano), l’Iraq controllato dalla maggioranza sciita e il regime siriano, appartenente a una corrente dello sciismo (quella degli alauiti), a cui vanno aggiunte le comunità sciite dei paesi sunniti che potrebbero aspirare alla secessione se questa guerra di religione andasse avanti.

Sul fronte sunnita abbiamo l’Egitto e il suo esercito (l’altra grande potenza il cui peso è paragonabile a quello dei sauditi) e la Turchia, se e quando il suo impegno diventerà di natura militare e non solo politico. Sospesi tra i due schieramenti principali ci sono lo Stato islamico dei jihadisti sunniti che combattono entrambi i blocchi ma anche i curdi, pronti ad approfittare del caos regionale per riunirsi in un unico stato che vorrebbero creare da più di un secolo.

Oggi è ancora possibile che l’Iran e l’Arabia Saudita preferiscano la via del compromesso nello Yemen alla guerra aperta, ma resta il fatto che i paesi sunniti si preparano ad annunciare la nascita di un esercito comune, un passo che non hanno mai compiuto in passato, nemmeno contro Israele.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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