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Inversione di rotta in Siria

Rabia, nella provincia siriana di Latakia, il 27 gennaio 2016. Dopo essere stata a lungo una città chiave per i ribelli, Rabia è stata riconquistata dall’esercito governativo il 24 gennaio. (Omar Sanadiki, Reuters/Contrasto)

Alla fine è arrivato il colpo di scena. Dopo aver rifiutato di partecipare venerdì all’apertura dei negoziati di Ginevra con il regime di Bashar al Assad fino a quando avesse continuato a bombardare i quartieri residenziali, nel fine settimana i ribelli siriani hanno deciso di inviare i loro rappresentanti in Svizzera.

Il primo motivo di questa inversione di rotta è che statunitensi e sauditi hanno fatto pressione sui ribelli. Il secondo è che l’Onu, che ha organizzato il negoziato, ha garantito che le questioni umanitarie saranno il primo punto all’ordine del giorno. Il terzo motivo, infine, è che i ribelli non potevano addossarsi la responsabilità di un fallimento di Ginevra e avevano tutto l’interesse a mettere il regime con le spalle al muro intimandogli pubblicamente di smettere di affamare e bombardare le città sotto assedio.

Un problema di nome Putin

La scelta dei ribelli ha cambiato gli scenari e mette pressione al regime, anche se nulla garantisce la fine delle sofferenze della popolazione civile. I jihadisti del gruppo Stato islamcio (Is), infatti, non fanno parte dei negoziati e non intendono permettere ai ribelli di costituire un fronte comune.

Anche ammettendo che i negoziati di Ginevra possano produrre un cessate il fuoco tra i ribelli e il regime, gli attacchi dell’Is non si interromperanno e il regime siriano potrebbe rapidamente approfittarne per riprendere le operazioni, perché non fa la minima differenza tra ribelli e jihadisti.

Il secondo problema ha un nome e un cognome: Vladimir Putin. Prima di entrare nel vivo delle discussioni, infatti, i ribelli chiedono la fine dei bombardamenti russi che fanno ancora più vittime civili dell’aviazione siriana.

Il negoziato di Ginevra, insomma, resta molto incerto, e si spera che non sia interrotto prima del 10 febbraio

Forse la Russia farà un passo indietro. Dobbiamo sperarlo e non possiamo escluderlo, ma è difficile che accada perché Mosca afferma, contro ogni evidenza, di non bombardare né la popolazione civile né l’insurrezione ma solo l’Is.

Non solo per il Cremlino sarebbe imbarazzante smentire le sue stesse affermazioni, ma è probabile che Putin non abbia alcuna voglia di allentare la pressione militare nei confronti dei ribelli, a tutto vantaggio del regime siriano.

Il negoziato di Ginevra, insomma, resta molto incerto, e l’unica speranza è che non sia interrotto prima del 10 febbraio, quando tutte le potenze mondiali e regionali coinvolte nel conflitto si ritroveranno a Monaco. È dal dialogo tra queste potenze che potrebbe scaturire un compromesso, ma al momento siamo ancora lontani da una soluzione.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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