I fondatori dell’Unione europea serrano i ranghi
Potrebbe essere l’inizio di un sussulto, e in ogni caso è un segno dei tempi. L’Unione, o forse sarebbe meglio chiamarla disunione europea, è talmente in crisi che i sei paesi fondatori hanno deciso di riunirsi a Roma, la città dove avevano firmato il primo trattato quasi sessant’anni fa.
“Preoccupati per lo stato del progetto europeo”, il 9 febbraio i loro ministri degli esteri hanno dichiarato di essere pronti a “continuare il processo di creazione di un’unione sempre più stretta”, che a loro avviso è ancora “la migliore risposta” alle sfide del mondo moderno, ma aggiungendo che l’Unione “consente percorsi diversi verso l’integrazione”.
Un’Europa a più velocità
In sostanza Francia, Italia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo hanno perorato la causa di un’Europa a più velocità, un’idea difesa da tempo da molti esponenti politici, già applicata in diversi ambiti (a cominciare da quello monetario) ma che non era mai stata proposta ufficialmente come strumento per andare più lontano e più velocemente.
Finora questo genere di discorso era rimasto un tabù perché l’obiettivo ufficiale era quello di marciare con un unico passo anziché in ordine sparso, ma ormai la dispersione è talmente palese che non resta altro da fare se non organizzarla. Perciò il tabù non ha più ragione di esistere.
I sei stati fondatori hanno fatto capire che è arrivato il momento di creare un’unione all’interno dell’Ue
Questa dichiarazione di Roma è dunque una prima tappa, un segnale inviato dai fondatori agli altri stati membri che potrebbero partecipare al processo di integrazione. Ma è anche un modo per serrare i ranghi prima che un’eventuale uscita di Londra dall’Unione sia percepita come l’inizio della fine, oltre che una reazione all’impazienza dell’Italia, dove il primo ministro Matteo Renzi continua a chiedere una mobilitazione generale per la ricostruzione dell’Unione.
Prima di ogni altra cosa, però, la presa di posizione dei sei paesi fondatori è una risposta agli interrogativi sollevati dai cittadini europei, che non capiscono più quale sia la direzione intrapresa da questa Europa a 28 che riunisce troppi paesi dalle aspirazioni e dai tenori di vita profondamente diversi ed è dunque ingovernabile perché paralizzata dal disaccordo.
In questa assenza di leggibilità del progetto risiede la principale ragione del disamore degli europei per l’Europa. Per questo, con la loro dichiarazione di Roma, i sei stati fondatori hanno fatto capire che è arrivato il momento di creare un’unione all’interno dell’Unione, una comunità sempre più stretta di paesi simili all’interno di un mercato unico che comprende realtà più eterogenee.
Ancora non ci siamo arrivati e il percorso sarà pieno di ostacoli, ma oltre al fatto che gli europei non possono continuare a sfaldarsi in un momento in cui aumentano le minacce alle frontiere orientali e meridionali, dobbiamo tenere presente che francesi e tedeschi lavorano a un progetto di unità politica dell’eurozona che dovrebbero presentare in estate. L’Europa a più velocità è l’ultima occasione per il progetto unitario, e alla fine se ne sono accorti tutti.
(Traduzione di Andrea Sparacino)