È arrivato il momento dell’Italia e dell’Austria? Per quanto non ci siano certezze, è possibile. In questo momento è assolutamente plausibile che il 4 dicembre le presidenziali austriache sanciscano l’elezione di un candidato di estrema destra il cui partito affonda le radici nel passato nazista del paese. Così come è possibile che il fallimento del referendum costituzionale italiano apra una crisi politica che andrebbe a beneficio soprattutto di un ammiratore di Donald Trump, l’ex comico Beppe Grillo: il suo Movimento 5 stelle è, come dire, una forza politica piuttosto imperscrutabile.
In Austria siamo alle seconde presidenziali in sei mesi. Le prime, quelle del 22 maggio scorso, erano state vinte con un margine di appena 31mila voti da un verde piuttosto centrista. La sfida era stata tra due candidati altamente improbabili. Il risultato è stato contestato anche a causa del peso dei voti degli austriaci all’estero, che aveva suscitato vibranti contestazioni, tanto che la giustizia si è espressa in favore di un nuovo scrutinio. Oggi il voto vede opposti gli stessi candidati: il centrista Alexander Van der Bellen e il rappresentante dell’estrema destra Norbert Hofer.
Un tornado
In Italia la situazione è nettamente più complicata. Non si tratta di eleggere un leader, ma di adottare o meno una riforma della costituzione. Una vittoria del sì ridurrebbe i poteri del senato e il numero dei senatori, le spese dello stato sarebbero ridotte e il senato non potrebbe più far cadere i governi. La formazione di coalizioni sarebbe semplificata e la stabilità politica rafforzata in un paese che ha conosciuto 63 governi dal 1945, quasi uno all’anno.
Da un punto di vista logico, a prescindere dai difetti di questo progetto, il sì dovrebbe vincere. Il problema è che nei referendum si tende sempre a prestare più attenzione a chi lo propone che al contenuto della proposta.
Matteo Renzi, presidente del consiglio da 34 mesi, ha diversi nemici. A 41 anni, questo giovane premier ha fatto soffiare il vento del cambiamento sulla penisola con un ritmo infernale, aumentando le entrate dello stato, lottando contro l’evasione fiscale e creando molti posti di lavoro (più di 650mila, di cui 490mila a tempo indeterminato) facilitando le assunzioni e i licenziamenti. Renzi è un tornado, sempre sulla breccia, ma non ha fatto decollare il sud, ha deluso chi è stato emarginato dal cambiamento e ha irritato i più conservatori autorizzando le unioni civili tra omosessuali. Il premier è contestato anche all’interno del suo Partito democratico, e la vittoria del no non è esclusa.
Vedremo il 4 novembre, ma se dopo la Brexit e Donald Trump anche l’Austria eleggesse un presidente di estrema destra e l’Italia sprofondasse verso le elezioni anticipate (che potrebbero essere vinte dai cinquestelle di Beppe Grillo) sarebbe un colpo molto duro.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it