È troppo. Perfino in Unione Sovietica si limitavano al 99 per cento dei voti. E invece Martin Schulz è stato eletto alla presidenza del Partito socialdemocratico tedesco (Spd) con il 100 per cento dei voti. È qualcosa di mai visto nella storia del più vecchio partito della sinistra democratica europea, lo stesso che Hitler e Stalin avevano cercato di annientare. Eppure i motivi di questo plebiscito in favore dell’ex presidente del parlamento europeo sono chiarissimi.
Prima che Schulz diventasse il loro candidato, i socialdemocratici apparivano sconfitti in partenza contro Angela Merkel. Con il 20 per cento delle intenzioni di voto contro più del 30 per cento per i cristiandemocratici, l’unica speranza dell’Spd era quella di ricostruire la sua credibilità all’opposizione dopo le elezioni del prossimo settembre lasciando che Merkel governasse con altri, per esempio i liberali o i verdi.
Il futuro non era affatto roseo per l’Spd, finché non è arrivato il gesto clamoroso del vicecancelliere e capo del partito Sigmar Gabriel, che ha deciso di farsi da parte a beneficio di Martin Schulz, più adatto a mobilitare la sinistra.
Il ritorno alla tradizione della sinistra
Gabriel viene infatti associato alle politiche seguite dalla coalizione guidata da Merkel, mentre Schulz, proveniente da Strasburgo e Bruxelles, non si è mai occupato della politica interna tedesca. L’ex presidente del parlamento europeo, dall’oratoria semplice e coinvolgente, figlio di un poliziotto, autodidatta diventato libraio e poliglotta, rappresenta un ritorno alla tradizione della sinistra tedesca.
Schulz è diventato subito popolare quanto Angela Merkel, e le intenzioni di voto a favore dell’Spd hanno raggiunto e in alcuni casi addirittura superato quelle a favore della destra.
Niente è ancora deciso, ovviamente, ma le possibilità che Schulz diventi il prossimo cancelliere sono reali, perché ha risvegliato la sinistra, ha fatto sembrare politicamente “vecchia” Angela Merkel e ha rotto con l’associazione tra l’Spd e le riforme liberiste introdotte da Gerhard Schröder all’inizio degli anni duemila. Queste riforme hanno portato risultati indiscutibili risanando l’economia tedesca, ma hanno anche reso il lavoro più precario e moltiplicato i salari bassi.
La destra parla di populismo, i mezzi d’informazione l’hanno soprannominato Robin Hood
A trarre beneficio da questo risanamento, tra l’altro, è stata Angela Merkel, mentre l’Spd ha perso molti elettori. Poi è arrivato Schulz, che senza forzare un ritorno al passato ha capito che la torta è molto più grossa e che si può dividere meglio vietando o quasi i contratti a tempo determinato, aumentando le pensioni e allungando la durata del sussidio di disoccupazione.
Questo approccio piace agli impiegati e alla sinistra più radicale, e mentre la destra parla di “populismo” i mezzi d’informazione hanno soprannominato Schulz “Robin Hood”.
È un bel soprannome per un candidato che il 19 marzo ha incassato un lungo applauso da Emmanuel Macron, l’uomo con cui vorrebbe rivoluzionare l’Unione europea.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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