Servivano coraggio e una gran faccia tosta per decidere, a 39 anni, di provare a diventare presidente della repubblica. Fino a cinque anni fa era uno sconosciuto, poi è diventato consulente dell’Eliseo e in seguito ministro dell’economia solo per volontà di François Hollande. Oggi, però, a Emmanuel Macron mancano due settimane per raggiungere il suo obiettivo.

Arrivato in testa il 23 aprile al primo turno delle presidenziali francesi, Macron ha grandi possibilità di vincere il secondo turno del 7 maggio, perché quasi metà della destra, la totalità del centro e la maggioranza della sinistra lo preferiscono a Marine Le Pen.

Questo significa che Macron può contare su una maggioranza comoda. Il risultato è quasi scontato, ma ancor più del coraggio, quest’uomo ha dimostrato di avere fiuto.

Volontà di cambiamento
Macron ha capito che Hollande non avrebbe potuto ricandidarsi a causa della sua enorme impopolarità, che i francesi non vogliono sentir parlare del suo predecessore, Nicolas Sarkozy, e che i due grandi partiti di destra e sinistra, i Repubblicani e il Partito socialista, non riuscivano a trovare un candidato che li unisse e li mobilitasse.

Nella politica francese c’era un vuoto e soprattutto era sempre più evidente la stanchezza dei due partiti dominanti che si sono spartiti il potere a lungo senza che la loro alternanza ai comandi abbia migliorato il tasso di disoccupazione francese, riavviato la crescita o cancellato la nevrastenia che fa credere a molti francesi che il loro paese è condannato a un inevitabile declino.

Né la sinistra radicale né l’estrema destra sono maggioritarie in Francia, al contrario del centro

È in questo vuoto che Macron si è inserito. Il suo istinto gli ha dato ragione, perché le primarie della sinistra e della destra si sono trasformate in un gioco al massacro fratricida. Più passavano le settimane e più i tre candidati principali incarnavano una volontà di cambiamento, all’estrema destra con Marine Le Pen, all’estrema sinistra con Jean-Luc Mélenchon e nel grande centro con Macron.

Né la sinistra radicale né l’estrema destra sono maggioritarie in Francia, al contrario del centro che può attrarre parte dei voti della destra e della sinistra. Quello che un centrista storico come François Bayrou ha cercato disperatamente di fare nell’ultimo quarto di secolo è riuscito a Macron, perché non ha ancora quarant’anni e perché il momento adatto è arrivato. Ma dove va la Francia di Macron?

Inevitabilmente va incontro a una serie di delusioni che non tarderanno ad arrivare, però nel frattempo il futuro presidente che vuole fare in fretta avrà tempo di rilanciare l’unità europea con l’Italia, la Germania, la Spagna, il Belgio, i Paesi Bassi e altri paesi. Buone o cattive che siano, approverà una serie di grandi riforme economiche regalando maggiori margini di manovra alle aziende, ampliando gli accordi di settore a discapito delle regole nazionali e imponendo maggiori limiti ai disoccupati, che non potranno rifiutare più di tre impieghi senza perdere il sussidio.

Macron sarà presto accusato di essere “blairista” o “thatcheriano”, ma farà soffiare un vento nuovo sulla scuola e restituirà alla Francia una centralità nello sviluppo dell’unità europea. Se fallirà, Le Pen avrà grandi possibilità di vincere tra cinque anni. Se avrà successo – riducendo la disoccupazione, riavviando la crescita e facendo riscoprire l’ottimismo ai francesi – avrà rimodellato lo scacchiere francese attorno a un Partito democratico all’americana che ha già definito “progressista”, e scriverà una nuova pagina in Francia e in Europa.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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