I giovani, prima di tutto. Sono loro i principali artefici del clamoroso arretramento del partito conservatore alle elezioni anticipate dell’8 giugno volute dalla premier Theresa May.
Gli elettori più giovani hanno fatto la differenza andando alle urne in massa per votare i laburisti, sedotti da un uomo che potrebbe essere il nonno, Jeremy Corbyn, leader dell’ala sinistra del partito. Corbyn sembra uscito da un manuale di storia. Ha puntato tutto sulle idee e sulla volontà di tornare ai fondamenti della sinistra europea, alla previdenza sociale e alla difesa dei più deboli.
Già portato alla direzione del suo partito dal voto della base contro la volontà dell’apparato e dei parlamentari, che lo consideravano un dinosauro incapace di conquistare le classi medie riportando i laburisti al potere, Corbyn era partito con venti punti di distanza dai conservatori. Contro di lui Theresa May sembrava sicura di vincere la sua scommessa e conquistare una maggioranza più larga di quella che aveva. Dalle elezioni anticipate May voleva ottenere un mandato popolare che le permettesse di avviare in posizione di forza i negoziati sulla Brexit, ma è accaduto l’esatto contrario.
La sinistra socialista rianimata
Anche se la premier riuscisse a salvare la poltrona (e non è detto che accada) è stata chiaramente sfiduciata dagli elettori e si presenterà indebolita al negoziato con l’Unione. Questo perché i giovani britannici sono stati sedotti da un vecchio signore che ha criticato senza sosta il declino del sistema sanitario causato dai tagli al bilancio. Come Bernie Sanders l’anno scorso negli Stati Uniti e Jean-Luc Mélenchon in Francia (due uomini della sua età), Corbyn ha dimostrato che la sinistra socialista non è morta e può mobilitare i giovani contro l’ingiustizia sociale, un elemento sempre più presente nelle nostre società.
Theresa May è corsa dietro agli elettori nazionalisti che però sono anche ostili ai tagli al bilancio
Ma c’è un’altra ragione fondamentale per la crisi dei conservatori: la confusione. Durante la campagna sullla Brexit della scorsa primavera, May (all’epoca ministra dell’interno) si era schierata per l’adesione all’Unione. La sua posizione era quantomeno ambigua, ma una volta preso il comando del paese ha scelto una Brexit “dura”, preferendo una completa rottura a qualsiasi compromesso con i 27.
Theresa May è corsa dietro agli elettori nazionalisti, ma questi elettori, spesso provenienti dalla classe popolare, sono anche ostili ai tagli al bilancio, e così la premier ha perso la sua identità politica, mentre Corbyn spingeva per un compromesso con l’Unione che permetta al Regno Unito di conservare l’accesso al mercato unico.
In questa campagna May incarnava l’euroscetticismo e l’assenza dello stato. Evasivo ma moderato sull’Unione, Corbyn incarnava la resurrezione di una sinistra sociale, una sinistra all’antica che ha conquistato gli elettori.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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