Due fatti di estrema gravità hanno appena reso il conflitto siriano più internazionale che mai. La presenza di forze esterne nella guerra in Siria non è una novità, perché fin dai primi mesi delle manifestazioni democratiche del 2011 l’Iran è corso in soccorso di Damasco, mentre l’Arabia Saudita e la Turchia sostenevano gli insorti. Ora però la situazione è diversa.
Fino agli ultimi giorni, nonostante l’intervento russo, l’internazionalizzazione del conflitto si limitava fondamentalmente allo scontro tra il mondo sunnita e quello sciita attraverso i rispettivi paladini a Riyadh e Teheran. Ora invece a ritrovarsi faccia a faccia, o quasi, sono gli Stati Uniti e la Russia, insieme a Israele.
Il primo incidente risale alla notte tra l’8 e il 9 febbraio, quando le forze della coalizione internazionale contro il gruppo Stato islamico guidata dagli Stati Uniti hanno colpito alcuni soldati del regime di Damasco che stavano attaccando i loro alleati delle Forze democratiche siriane (Fds).
Le forze in campo
Formate da arabi e da curdi, le Fds hanno permesso la riconquista di Mosul e Raqqa. L’Europa, gli Stati Uniti e il Medio Oriente sono estremamente debitori nei confronti delle Fds, ma poiché gli americani intendono appoggiarsi ai loro uomini per controllare il nord della Siria, l’esercito del regime le ha attaccate.
Gli Stati Uniti non potevano restare con le mani in mano, e hanno difeso le Fds. L’offensiva americana ha provocato la morte di cento uomini dell’esercito di Damasco, sostenuto dalla Russia. Per alleati interposti, Washington e Mosca sono ormai in conflitto in Siria, ovvero in guerra, seppur indirettamente.
Gli Stati Uniti non vogliono che la Russia diventi l’artefice di una completa vittoria militare di Assad
Due giorni più tardi, il 10 febbraio, l’aviazione israeliana ha attaccato in territorio siriano per contrastare (politica ricorrente dal 2011) la costruzione di strutture militari iraniane in Siria. Gli israeliani hanno perso un bombardiere nel corso delle operazioni, cosa che non accadeva da molto tempo.
È dunque probabile che gli attacchi si ripeteranno, evidenziando uno scontro militare tra Israele e la repubblica islamica sul suolo siriano, alla frontiera israeliana. Lo stato ebraico non intende permettere che l’Iran si posizioni a nordest del suo territorio, in Siria, dopo averlo già fatto in Libano attraverso Hezbollah.
Gli Stati Uniti non vogliono che la Russia diventi l’artefice di una completa vittoria militare di Assad. Israele non vuole farsi stringere nella morsa iraniana. La situazione si aggrava, non solo in Siria ma in tutto il Medio Oriente.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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