Non è solo la seconda economia dell’Africa, preceduta unicamente dalla Nigeria ricca di petrolio. A più di 25 anni dalla fine dell’apartheid, il Sudafrica resta un modello di transizione pacifica verso la democrazia, lo stato di diritto e la coesistenza tra le diverse comunità.
Il paese è un esempio per tutto il continente, ed è per questo che è fondamentale che l’African national congress, l’Anc che era stato di Nelson Mandela, abbia finalmente costretto l’attuale presidente Jacob Zuma ad annunciare il 14 febbraio le proprie dimissioni, ammettendo che è arrivato il momento di ritirarsi per evitare di essere destituito dal parlamento.
Già prima della sua nomina, nove anni fa, Zuma era stato accusato di corruzione in una vicenda di compravendita di armi e aveva lasciato a bocca aperta l’opinione pubblica dichiarando, in un paese devastato dall’aids, che si può evitare il contagio facendo una doccia dopo un rapporto non protetto.
Il timore di perdere le elezioni
Il più famoso caricaturista del paese, Zapiro, da allora lo disegna sempre con il getto di una doccia sulla testa. Zuma nel frattempo ha ristrutturato la sua residenza privata con i soldi dei contribuenti e ha contribuito all’arricchimento di tre uomini d’affari di origine indiana con cui intrattiene rapporti molto stretti. Sotto la sua presidenza la corruzione ha divorato il paese, al punto tale che gli investitori stranieri fuggono dal Sudafrica e il tasso di disoccupazione supera il 27 per cento.
Ramaphosa ha fatto capire a Zuma che, come Mugabe in Zimbabwe, avrebbe potuto ottenere l’impunità facendosi da parte discretamente
Quest’uomo è diventato una tale piaga che l’Anc, nel timore di perdere le elezioni dell’anno prossimo, ha cominciato ad allontanarlo eleggendo alla guida, a dicembre, il vicepresidente Cyril Ramaphosa.
Vicino a Mandela, Ramaphosa aveva basato la sua campagna sulla denuncia della corruzione. Negli ultimi due mesi c’è stata una lunga trattativa tra il nuovo capo dell’Anc e un capo di stato che non voleva ascoltare nessuno. Ramaphosa ha fatto capire a Zuma che, come Mugabe in Zimbabwe, avrebbe potuto ottenere l’impunità facendosi da parte discretamente. L’Anc voleva evitare rivelazioni che non avrebbero colpito solo Zuma. Il presidente si è servito di questo timore per restare avvinghiato al potere, ma è arrivato al punto di dover scegliere tra accettare di andarsene o essere cacciato.
La sua partenza apre la strada a una rinascita del Sudafrica, e potrebbe pesare enormemente sullo Zimbabwe, dove l’esercito ha rovesciato Mugabe solo per conservare il potere, e sulla Repubblica Democratica del Congo, dove la popolazione e l’episcopato cattolico cercano di ottenere l’allontanamento di Joseph Kabila, ancorato alla presidenza. In gioco c’è l’esemplarità sudafricana.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it