Il fenomeno non ha riguardato solo le due superpotenze dell’epoca, l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti. La repressione della primavera di Praga e le manifestazioni degli studenti polacchi del marzo 1968 hanno scavato la tomba del sovietismo, mentre negli Stati Uniti gli anni sessanta hanno posto le basi della rivoluzione sessuale e imposto una cultura di sinistra che per la prima volta negli ultimi cinquant’anni Donald Trump ha rimesso in discussione.
Gli anni sessanta hanno rimodellato radicalmente l’America e il blocco sovietico durante la guerra fredda, ma i loro effetti sono andati ben oltre quei confini.
Conti in sospeso
In America Latina gli anni sessanta hanno aperto la strada alla guerrilla di ispirazione guevarista, perché i giovani del continente si erano allontanati dal conservatorismo sovietico senza però rinnegare la loro rabbia contro gli Stati Uniti.
In Germania, in Italia e in Giappone c’è stato chi tra i giovani ha virato verso il terrorismo perché, nei vecchi paesi dell’asse della seconda guerra mondiale, i baby boomer avevano molti conti in sospeso con i loro genitori.
Al contrario, il ’68 francese non ha vissuto grandi violenze, perché la portata dello sciopero generale impediva una repressione brutale del movimento studentesco e perché era ancora vivo, seppur sotto traccia, il ricordo della Francia libera e della resistenza a impedire una rottura completa tra i sessantottini e il potere gaullista.
Per questo motivo la Francia ha avuto una maggioranza di sinistra all’inizio degli anni ottanta mentre il resto del mondo occidentale si spostava a destra, ed è per questo che la Francia non ha partecipato all’ondata liberista di Margaret Thatcher. La Francia del ’68, tra l’altro, ha reinventato la rivoluzione.
Seppellire il vecchio mondo
Normalmente una rivoluzione si definisce attraverso la violenza, i morti, la distruzione e la successiva controrivoluzione. In effetti il maggio francese, sciopero generale o meno, era una semplice manifestazione studentesca, senonché sfilando per due mesi davanti ai palazzi del potere senza mai degnarli di uno sguardo e senza mai prenderli d’assalto, i sessantottini francesi hanno inventato la rivoluzione di velluto, la rivoluzione che seppellisce il vecchio mondo sotto uno strato di profondo disprezzo.
In occasione del primo viaggio di Giovanni Paolo II nella sua Polonia, nel 1979, il popolo che seguiva il suo cammino non volgeva mai lo sguardo verso i palazzi del regime comunista. Era come se il comunismo non esistesse più. Quando il regime è crollato davvero, dieci anni più tardi, si è parlato per la prima volta di rivoluzione di velluto caratterizzata dalla non violenza.
Dopo vent’anni, le rivoluzioni arabe del 2011 si sono ricollegate al maggio ’68 e alle rivoluzioni del 1989 con la loro non violenza, la loro gioventù e la loro spensieratezza, la stessa che è stata spazzata via da Bashar al Assad con un’azione che in fondo sembra aver definitivamente seppellito gli anni sessanta.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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