Angela Merkel ha tutte le ragioni per voler sospendere qualsiasi consegna di armi all’Arabia Saudita. D’altronde come si può accettare di apparire come alleati di un regime che ha appena commesso una tale “mostruosità”, per citare le parole della cancelliera?
Entrato sulle sue gambe nel consolato saudita di Istanbul, Jamal Khashoggi, in passato vicino alla famiglia reale e in seguito diventato un oppositore in esilio e un collaboratore del Washington Post, non è mai uscito dall’edificio. Il suo corpo è stato fatto a pezzi da un medico legale arrivato da Riyadh con altri quattordici uomini dei servizi segreti della monarchia saudita.
A quanto pare, molti degli agenti erano legati direttamente al principe ereditario Mohammed bin Salman, l’uomo forte del paese. Si tratta dunque di un crimine di stato, del tutto simile all’assassinio dell’oppositore marocchino Mehdi Ben Barka, commesso a Parigi nel 1965.
Tempo al tempo
A questo punto è talmente inutile cercare di negare i fatti che a Riyadh non ci hanno più provato. Nella capitale saudita si limitano piuttosto a far credere che il principe ereditario non fosse al corrente di nulla e che si sarebbe trattato soltanto di una sfortunata iniziativa dei suoi collaboratori.
Davanti a una tale impudenza non possiamo che essere d’accordo con la cancelliera tedesca. Il problema è che Merkel parla soltanto di sospendere la consegna di armi “per il tempo necessario a risolvere la vicenda”. In altre parole, la Germania vuole lasciare tempo al tempo, trovare un colpevole e se possibile portare a termine un processo prima di lasciare che tutto torni a posto, perché nessuno potrebbe né saprebbe come mettere in quarantena la monarchia saudita.
In un mondo in cui il petrolio resta indispensabile per i trasporti e l’industria, nessuno può permettersi di ignorare il primo esportatore mondiale. La Russia stessa ha bisogno dei sauditi per stabilizzare o far aumentare il prezzo del barile.
Stati Uniti, Cina, Europa, Russia, mondo arabo: nessuno vuole che l’omicidio di Istanbul inneschi un lungo periodo di caos e incertezza
La Cina ha troppo bisogno di energia per non sostituirsi immediatamente a qualsiasi paese che volesse interrompere le importazioni da Riyadh. Per la monarchia e la famiglia che la controlla, il greggio è lo scudo migliore. Ma non è tutto.
Al contempo investitrice e importatrice, l’Arabia Saudita è fin troppo ricca e indispensabile per le industrie e il finanziamento dei paesi più sviluppati perché chiunque possa emarginarla. Tra l’altro, rispetto all’Iran sciita, i sauditi sono un baluardo indispensabile oltre che un finanziatore cruciale dei paesi sunniti di cui sono paladini.
A parte la Turchia, che vorrebbe prendere il posto Riyadh, nessun paese sunnita vorrebbe vedere un’Arabia Saudita indebolita, perché in quel caso il Medio Oriente cadrebbe sotto il dominio di un unico paese, bastione del mondo sciita. La maggioranza araba e sunnita della regione non può permetterlo, e così il rischio è quello di un’altra guerra dei cent’anni tra le due correnti dell’islam. Anche se alleata dell’Iran in Siria, la Russia non vuole che l’equilibrio delle forze venga modificato a sfavore di Riyadh. Stati Uniti, Cina, Europa, Russia, mondo arabo: nessuno vuole che l’omicidio di Istanbul inneschi un lungo periodo di caos e incertezza. Ma cosa può succedere ora?
La domanda è pertinente, perché i leader occidentali si sentiranno in grande imbarazzo ancora per diverso tempo nel mostrarsi pubblicamente al fianco del principe ereditario. Fino a ieri incensato come modernizzatore riformista, Mohammed bin Salman è diventato un problema per il paese e i suoi alleati occidentali.
La sua posizione è fragile, e improvvisamente i nemici non gli mancano, sia all’interno della famiglia reale, a causa della sua crociata contro la corruzione, sia nel mondo religioso più radicale, dopo l’apertura dei cinema e l’autorizzazione a guidare concessa alle donne.
Despota illuminato, consapevole della necessità di far entrare il suo paese nel terzo millennio ma caratterizzato da una crudeltà senza pari, Bin Salman ormai si trova nella situazione di chi, facendosi da parte, risolverebbe molti problemi.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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