Le cifre parlano da sole. Gli abitanti della Cina sono il triplo di quelli europei e anche se il livello di vita della Repubblica popolare non è quello dell’Unione europea, il suo tasso di crescita è il triplo del nostro e il suo sviluppo tecnologico è ormai impressionante.
Per l’Europa, la Cina è diventata ormai una concorrente economica, industriale e finanziaria forte quanto gli Stati Uniti se non di più. Contro l’impero di mezzo – di mezzo mondo e non più solo dell’Asia – gli europei non possono più permettersi di non assumere una posizione comune ed è per questo che Emmanuel Macron ha avuto ragione di non intrattenersi da solo con Xi Jinping il 26 marzo a Parigi.
È vero, è piuttosto seccante dover ammettere che la Francia non ha più il peso politico di una volta e che non siamo più ai tempi in cui il generale De Gaulle poteva essere il primo dirigente occidentale a riconoscere il regime comunista a Pechino. Ci sarebbe piaciuto avere ancora lo stesso rapporto di forza di mezzo secolo fa, ma alla dolcezza delle illusioni dobbiamo ovviamente preferire la realtà delle cifre e invitare la cancelliera tedesca e il presidente della Commissione europea per ricevere insieme il presidente cinese.
Lucidità strategica
Questa decisione non cambierà radicalmente le cose ma farà capire a Pechino che la Francia è abbastanza lucida per contare più sulla sua alleanza con la Germania che sul suo orgoglio del passato e che a loro volta i tedeschi hanno capito che è meglio appoggiarsi sulla Francia che cercare di mantenere da soli il livello delle loro esportazioni.
Di rado l’Unione europea ha così chiaramente e frontalmente fatto capire di voler esistere e che bisogna fare i conti con lei. Il 26 marzo 2019 è una data importante, non si tratta di una dichiarazione di guerra economica alla Cina ma dell’avvio di una discussione tra due potenze per definire dei rapporti equi e reciprocamente interessanti.
Il presidente russo alimenta un revanscismo destabilizzante e paralizza gli scambi economici tra le due parti del continente europeo
È su questa strada che bisogna continuare ed è un esempio da seguire nelle nostre relazioni con la Russia, che oggi sono al punto più basso.
In Crimea Vladimir Putin ha realizzato le sue prime annessioni territoriali del dopoguerra europeo; finanzia, arma e dirige una vera e propria guerra nell’Ucraina orientale e moltiplica le provocazioni militari intorno ai paesi baltici. Il presidente russo alimenta un revanscismo destabilizzante e paralizza gli scambi economici tra le due parti del continente europeo.
A meno di arrivare a una guerra aperta, difficilmente Putin potrebbe fare di peggio, ma rimane il fatto che la Russia ha tanto bisogno degli investimenti e della tecnologia dell’Unione europea quanto l’Unione ha bisogno di assicurarsi degli approvvigionamenti stabili di materie prime.
Inutili scontri
Non solo i due pilastri del continente rappresentati dall’Ue e dalla Federazione russa avrebbero tutto l’interesse a creare le condizioni per una cooperazione economica stabile, ma la stabilizzazione del continente, il rispetto delle sue frontiere e la garanzia di una chiara neutralità dell’Ucraina ci permetterebbero di agire insieme in favore di una stabilizzazione dei nostri comuni vicini arabi, turchi, persiani e africani.
Insieme l’Unione europea e la Federazione russa potrebbero rapidamente creare il più grande polo economico e politico mondiale, invece di perdersi in inutili scontri. Questo messaggio – importante quanto quello rivolto alla Cina – deve essere inviato a Mosca. Bisogna prima di tutto agire con discrezione, sondare il Cremlino, fargli sapere le nostre esigenze e le nostre proposte e studiare le sue, per poi avanzare in modo progressivo.
E come siamo stati capaci di firmare gli accordi di Helsinki con l’Unione Sovietica, possiamo firmarne dei nuovi con la Russia. Non sarebbe certo più facile, ma neppure impossibile. L’Unione europea deve affermarsi e a questo scopo deve dare prova di iniziativa, coraggio e immaginazione.
(Traduzione di Andrea De Ritis)
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