Matteo Tundo, Zero brane (Aut Records)
Che musica compone e suona Matteo Tundo? E chi lo sa? Dalla sua chitarra escono suoni e texture che non si crederebbero possibili con una chitarra, così come dal sax di Piero Bittolo Bon arrivano fraseggi che schivano qualsiasi luogo comune sul suo strumento. La batteria di Matteo Giglioni è solida come il granito (e splendidamente registrata da Andrea Caprara, con un suono finalmente naturale e potente) eppure non fa mai del chiasso inutile né vuole mettersi in mostra come fanno troppi batteristi. L’elettronica di Alessio Riccio e gli strumenti ad arco (violino e viola) di Emanuele Parrini sovrappongono alla sezione ritmica e al Fender Rhodes di Simone Graziano ondate di colori sempre diversi, a volte aspri, a volte dolcissimi.

La scrittura di Tundo risente delle esperienze della scuola downtown newyorchese nell’appuntita fisionomia di temi come Moonog e Zero brane, si concede momenti maggiormente astratti (di stampo più europeo) in Symmetries of the universe e Antimateria, o rilegge con amore e intelligenza (quindi non imitandolo) un classico come Twelve tone tune two di Bill Evans, qui trasfigurato in una dimensione molto più sognante e rarefatta. Non è musica che conceda alcunché a ruffianerie o piacevolezze superficiali: in questo bellissimo album i musicisti scavano dentro il suono e ne estraggono pietre preziose che meritano il vostro tempo e la vostra attenzione. Un eccellente antidoto alla banalità che ha invaso troppi scaffali del jazz italiano. Ma questo poi è jazz? È improvvisazione pura? È musica contemporanea classica? E chi lo sa. Scopritelo da soli.

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Yemen Blues, Insaniya (Inzima)
Dopo lo stupendo album d’esordio del 2011 torna l’inclassificabile (ma irresistibile) gruppo guidato dallo straordinario cantante Ravid Kahalani, l’uomo dalle mille voci diverse, sempre in compagnia di musicisti incredibili come il percussionista Itaman Doari e il bassista Hagar Ben Ari, che forniscono tappeti ritmici in grado di scuotere il pavimento fino alle fondamenta, con influenze che vanno dall’Africa dell’ovest al funk più torrido passando per scatenati ritmi latinoamericani.

Tutto è meticcio in questa musica, e gli splendidi interventi vocali cantati in lingua yemenita da Kahalani volteggiano su un magma ribollente dove si trova davvero di tutto, dal groove più insistente a tastiere che s’ispirano direttamente allo Stevie Wonder di Talking book, il tutto condito a puntino da una sezione fiati davvero potentissima. Sono rari i momenti di riposo in questo disco: si parte sparati a mille e si prosegue accelerando, anche grazie alla fantastica produzione di Bill Laswell, che in questo genere di zibaldoni stilistici si muove come un topo nel formaggio. Impossibile stare fermi, il ritmo regna sovrano, i temi dei brani si insinuano in testa e non mollano più, l’energia positiva di questa musica è assolutamente contagiosa. Consigliatissimo. Potete acquistarlo direttamente dal sito del gruppo.

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David Gilmour, Rattle that lock (Columbia)
Nuovo album per il biancobarbuto chitarrista dei Pink Floyd, questa volta meno impastato dall’idea del concept album che affliggeva alcune delle sue precedenti produzioni. Gilmour è molto più rilassato nell’abbandonarsi a un pop di extralusso che non richieda eccessivi sforzi da parte dell’ascoltatore, le cui orecchie vengono ben massaggiate da sonorità tirate a lucido, esecuzioni impeccabili di professionisti navigati come Phil Manzanera, David Crosby, Graham Nash e Guy Pratt.

I testi della compagna Polly Samson non mancano di ambizione, affermando di ispirarsi addirittura a Paradiso perduto di John Milton, ma nei fatti risultano piacevolmente innocui e certamente ben realizzati. Così ci troviamo di fronte a belle melodie, ampi passaggi orchestrali, ritornelli che s’imprimono in testa all’istante (la title track), momenti gradevolmente rétro (The girl in the yellow dress), qualche momento più rockeggiante, ma senza esagerare. Insomma, nulla di particolarmente innovativo rispetto ai blasonati standards di Gilmour , ma un disco che vi garantirà alcune ore di ascolto molto gradevole.

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