Ci sono tanti modi di ricordare un disastro. A un anno di distanza da Fukushima – al di là delle celebrazioni, solenni o di protesta, che si sono svolte in Giappone – catene umane contro il nucleare, manifestazioni e marce silenziose di persone in tuta bianca sono sfilate in tutto il mondo.
Lo street artist francese Combo, per esempio, se n’è andato dalle parti di Cernobyl, in una zona contaminata che da qualche tempo è accessibile ai turisti per una visita di dubbio gusto di cui hanno l’esclusivo controllo solo poche agenzie di viaggio ucraine. Fedele alle sue modalità di intervento, Combo, senza chiedere alcuna autorizzazione, ha attaccato sui muri scrostati di viadotti e svincoli autostradali delle immagini che prendono di mira la propaganda (e le menzogne) sulla pulizia e la sicurezza dell’energia nucleare. In una di queste immagini si vede la famiglia Simpson, sorridente, che si prepara per un picnic mentre sullo sfondo si staglia, minacciosa, una centrale nucleare.
Con semplicità e immediatezza la street art, venuta dai graffiti e da una forma di provocazione narcisistica, dimostra la sua maturità, chiaramente politica. In un momento in cui il mercato dell’arte sembra capace di digerire ogni crisi, questi artisti diventano star senza mostrarsi e senza pensare ai soldi. Combo ora tornerà in Francia. È tempo di elezioni e ci sono tanti muri scrostati ad attenderlo.
Internazionale, numero 944, 13 aprile 2012
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