Il 10 gennaio due uomini sono stati convocati da un tribunale londinese per difendersi dall’accusa di aver violato l’Official secrets act, la legge britannica sul segreto di stato. Il primo, David Keogh, è un ex dipendente dell’ufficio della presidenza del consiglio dei ministri ed è accusato di aver trasmesso illegalmente un memorandum confidenziale a Leo O’Connor, il secondo, un collaboratore dell’ex parlamentare laburista Tony Clarke.

Il memorandum – un documento di cinque pagine con il timbro top secret – è la trascrizione di una riunione tenuta il 16 aprile 2004 alla Casa Bianca tra il presidente americano George W. Bush e il premier britannico Tony Blair. Nel corso di quell’incontro, avvenuto mentre nella città irachena di Falluja si svolgevano combattimenti violentissimi, Bush ha proposto di bombardare la sede centrale della tv Al Jazeera a Doha, in Qatar. I corrispondenti della tv araba da Falluja avevano trasmesso filmati raccapriccianti con scene di estrema violenza.

Sembra che nel corso della riunione il primo ministro britannico abbia cercato di dissuadere Bush, con l’aiuto dell’allora segretario di stato americano Colin Powell. È evidente che poi non è successo niente. Ma se l’avessero bombardata davvero?

Lo stato del Qatar, pur essendo un regno wahhabita, ha una stampa libera e permette alle donne di candidarsi e di votare alle elezioni. Il paese ospita l’emittente Al Jazeera.

Inoltre è la sede del comando centrale statunitense e sul suo territorio vivono molti civili americani. L’emiro del Qatar ha un ruolo positivo nella regione, perché ha sostenuto attivamente molti esponenti democratici. Per bombardare o far saltare in aria l’ufficio di Al Jazeera bisognerebbe colpire tutto il centro cittadino di Doha, capitale di una potenza amica. Difficile immaginare una scelta politica più disastrosa.

Perché dovremmo credere che sia stata discussa davvero? In primo luogo, il governo britannico ha accusato Keogh e O’Connor di aver danneggiato lo stato “con la rivelazione di un documento che riguarda relazioni internazionali”. E il procuratore generale di Blair, lord Goldsmith, ha minacciato di citare in giudizio il Daily Mirror (il primo a dare la notizia, in un articolo pubblicato a novembre e firmato Kevin Maguire e Andy Lines) se cercherà di rivelare altri particolari del documento.

Ma questo tentativo di limitare i danni è stato sventato dal parlamentare laburista Peter Kilfoyle e dal suo ex collega Tony Clarke, che hanno dichiarato di essere a conoscenza del contenuto del memorandum sfidando così il governo britannico a querelare anche loro.

Il secondo motivo è che nell’articolo di Lines e Maguire si citano le parole di un anonimo portavoce di Blair, secondo cui la frase di Bush era stata “scherzosa, non seria”. Ciò equivale ad ammettere che quella conversazione si è svolta. È vero che non sempre è possibile stabilire con certezza se il presidente scherza, ma un’altra persona che ha visto la trascrizione ha dichiarato che il presidente americano “era serissimo, come Blair”.

Un’altra ragione per crederci (anche questa in parte induttiva) è l’atteggiamento di Colin Powell. Un cronista del Daily Mirror, Ryan Parry, ha interpellato Powell sulla data e l’argomento della riunione, e si è sentito rispondere prima: “Non posso mica ricordarmi di tutte le riunioni”, poi: “Non lo so, deve perdonarmi”, poi: “Non ricordo”, e ancora: “Francamente non ricordo la faccenda di Al Jazeera”, più varie altre frasette liquidatorie della serie “non smentisco ma smentisco”.

Il principale responsabile della politica estera degli Stati Uniti d’America dovrebbe ricordarsi della proposta di bombardare il territorio di una potenza amica neutrale dove ha sede il comando centrale statunitense, e dovrebbe ricordare un forte dissenso tra il suo presidente e il principale alleato politico e militare del suo paese. Insomma, se Colin Powell non si sente abbastanza sicuro da dire: “Questa notizia è talmente falsa che non merita neanche un commento”, vuol dire che sta cercando d’insabbiarla e basta.

Era ora che questa faccenda fosse nota a tutti e non solo ai direttori dei quotidiani e ai giornalisti britannici, che cercano faticosamente di lavorare sotto le condizioni repressive imposte dall’Official secrets act. Sarà anche vero che Al Jazeera non si può definire un’emittente televisiva rigorosamente obiettiva, ma è pur sempre la principale fonte di notizie del mondo arabo. Non appartiene a nessuno stato o partito, e ha offerto ai suoi spettatori dei reportage dal vivo e senza censura di eventi come le elezioni irachene.

Nel 2001 la sede di Al Jazeera in Afghanistan è stata distrutta da bombe “intelligenti”. Nel 2003 il suo corrispondente da Baghdad è rimasto ucciso in un attacco missilistico americano.

Se dovesse diffondersi la convinzione che Al Jazeera sia stata, o sia, un bersaglio degli Stati Uniti, nella regione si avranno conseguenze molto difficili da gestire.

*Traduzione di Marina Astrologo.

Internazionale, numero 927, 27 gennaio 2006*

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