Quando commettono un crimine di qualunque natura, nei titoli di giornale sono “egiziani”. Quando muoiono travolti da un’auto sono “una donna incinta e il suo bambino di quattro anni”.
Quando ho scritto questa frase su Facebook qualcuno ha risposto che comunque il conducente italiano si è fermato, ha prestato soccorso ed è risultato negativo al test dell’alcol, mentre la donna egiziana ha attraversato in un punto pericolosissimo. “Praticamente un suicidio”.
La mia riflessione però non ha nulla a che vedere con i dettagli di un drammatico fatto di cronaca. Quello che voglio sottolineare riguarda il giornalismo: la nazionalità degli stranieri entra nei titoli solo se hanno commesso una colpa o un reato.
E per verificarlo basta fare un semplice esercizio: stamattina cercando “egiziano” su Google News si trovano titoli su un’aggressione, uno scafista, un omicidio, un caso di racket e uno di spaccio di droga. E questo solo nella prima schermata.
Se cercate “egiziana”, invece, scoprirete che la nazionalità della donna morta ieri con il figlio in un incedente stradale a Milano è riportata nel titolo solo dall’Avvenire e dall’Agi. Mentre nessuno parla di quella dell’automobilista che l’ha investita.
I titoli sarebbero stati gli stessi se la donna e il bambino fossero stati italiani e il conducente egiziano? Sicuramente no.
Mettere nel titolo la nazionalità di una persona serve a identificare subito il criminale come straniero, tranquillizzando i lettori sul fatto che non è stato “uno di noi” e, allo stesso tempo, indicandogli quale popolazione va considerata come il cattivo. Nella maggior parte dei casi è un atto di razzismo.
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