Uno degli aspetti più irritanti del narcisismo contemporaneo è la fissazione di parlare sempre dei propri bambini. Non dico di mandarli a lavorare come si faceva un tempo, ma non è il caso neanche di metterli al centro dell’universo, no?–Rocco

Nel suo Galateo del 1555, il fiorentino Giovanni della Casa scriveva: “Errano parimente coloro che altro non hanno in bocca già mai che i loro bambini e la donna e la balia loro. ‘Il fanciullo mio mi fece ieri sera tanto ridere! Udite: …Voi non vedeste mai il più dolce figliuolo di Momo mio!’. Niuno è sì scioperato che possa né rispondere né badare a sì fatte sciocchezze, e viensi a noia ad ogniuno”.

Questo passaggio ci ricorda tre cose importanti. Primo: Momo è un nome fichissimo. Secondo: nel cinquecento non tutti i bambini lavoravano in miniera. Terzo: è dalla notte dei tempi che i genitori parlano dei figli. Semmai la tendenza contemporanea è quella contraria: incontro sempre più gente che non mi parla mai dei figli. Soprattutto perché non ne ha.

E io trovo piuttosto irritante parlare con amici quarantenni che mi raccontano del concerto dei Daft Punk, di quel nuovo ristorante indo-birmano in centro o dell’incredibile nottata passata a cantare intorno a un falò in spiaggia. Alcuni hanno perfino la faccia tosta di venirmi a parlare di sesso, ti rendi conto? Sto spulciando il Galateo di Giovanni della Casa riga per riga, ma per ora non ho trovato neanche una parola contro questa nuova, grave forma di maleducazione.

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