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La favolosa estate dei Deee-Lite

I Deee-Lite nel 1990. (Lynn Goldsmith, Corbis/Vcg/Getty Images)

Fabulous nobodies (Favolose nullità nell’edizione italiana) è un romanzo satirico scritto nel 1989 dalla giornalista di moda australiana Lee Tulloch e ambientato nella vita notturna newyorchese dei primi anni ottanta. Reality Nirvana Tuttle (per gli amici Really), la protagonista, è una ragazza ambiziosa, ossessionata dai vestiti e dai locali in: se interrogata sulle sue idee politiche o sulle sue credenze religiose risponde “Credo nel tulle”. Really si muove in un mondo parallelo, quello dei locali underground dell’East village in cui convivono glamour e immondizia, ratti e costose toilette Chanel e in cui, qualunque sia il genere di appartenenza, bastano la parrucca e le scarpe giuste e si diventa “somebody”, ovvero qualcuno che conta. Anche solo per una notte.

Quel mondo rutilante di glitter e sporcizia, di amfetamine e cerchi alla testa, di look pazzeschi e di tacchi rotti sulla pista è il laboratorio da cui sono uscite drag queen storiche come Lady Bunny e RuPaul e in cui è stato inventato Wigstock, il primo festival all’aperto dedicato alla cultura drag e queer in ogni sua mutevole forma. E proprio da quella scena, nell’estate del 1990, sono usciti i Deee-Lite che, con una sola canzone, dall’underground dell’East village sono diventati pop star globali.

La canzone è Groove is in the heart, uno di quei singoli talmente colossali da essere quasi pericolosi per la carriera di una band agli inizi, una canzone-mostro che quell’estate ha divorato qualunque altro concorrente nell’arena della pop dance. Era l’anno di Vogue di Madonna (che veniva dallo stesso ambiente culturale e musicale), un’altra canzone monstre che essendo uscita un paio di mesi prima ha alzato una palla che i Deee-Lite hanno potuto schiacciare con facilità.

I Deee-Lite sono un trio formato dalla cantante, dj e autrice Lady Miss Kier, dal dj e produttore di origine ucraina Supa Dj Dmitry e dal dj e produttore giapponese di origine coreana Jungle Dj Towa Tei. E insieme sono un cartone animato vivente: un incrocio tra Scooby Doo e i vecchi cartoni dei Jackson Five. Hanno un’estetica funky e hippy, tutta stampe fiorate, perline di plastica colorata, capelli enormi e zatteroni, e si muovono e parlano come personaggi dei cartoni. Il loro aspetto groovy e stravagante si riflette in un suono solidissimo fatto in egual misura di funk classico, house e campionamenti hip hop.

I Deee-Lite sembrano uno scherzo ma non lo sono. Groove is in the heart ha tre ospiti eccezionali che in qualche modo garantiscono il loro pedigree: Bootsy Collins dei Parliament-Funkadelic al basso, Maceo Parker, storico sassofonista di James Brown e dei Parliament-Funkadelic, al trombone, e il rapper Q-Tip degli A Tribe Called Quest. Questi tre nomi dimostrano come i Deee-Lite siano catalizzatori di generi diversi: il funk classico è la base del loro suono, le fondamenta, la house e l’hip-hop sono le tecniche di costruzione, i mattoni e la calce.

Groove is the heart è il singolo pop-dance perfetto perché riesce a essere imprevedibile e allo stesso tempo appiccicoso come un tormentone. Il “punto g” del pezzo, quello che fa andare in estasi chiunque lo ascolti ancora oggi sia in cuffia sia sulla pista, è il basso. Da una parte c’è la bassline campionata da Bring down the birds di Herbie Hancock (dalla colonna sonora di Blow up) e dall’altra il basso live di Bootsy Collins. A fare da base percussiva un campionamento, frastagliatissimo, di Get up di Vernon Burch che contiene anche quel famoso fischio (un flauto a coulisse) che nel breakdown di Groove is in the heart fa fare mosse assurde con i fianchi a chiunque la balli.

A tenere insieme tutto c’è la voce di Lady Miss Kier, perfetta sintesi tra una disco diva e Penelope Pitstop, la protagonista del cartone animato Wacky races (la corsa più pazza del mondo). Il testo della canzone è un concentrato di slang incomprensibile (ancora mi chiedo cosa significhi “Succotash wish”), di giochi di parole e di vocalizzi, gridolini e cinguettii. Come tutti i grandi pezzi pop dance (da Dance dance dance degli Chic agli ultimi singoli dei Jungle), Groove is in the heart parla semplicemente di ballare: Lady Miss Kier non fa che descrivere gli effetti positivi del basso sui piedi e sul cuore e Q-Tip, alla fine del suo rap, la incita: “Sing about the groove!”, cantaci del groove.

Deee-Lite, Groove is in the heart, 1990


Groove is in the heart è una grande hit, va in top ten in moltissimi paesi tra cui anche l’Italia ed è il biglietto da visita per l’album di debutto dei Deee-Lite, World clique, che esce il 7 agosto del 1990 su etichetta Elektra. L’etichetta, fondata nel 1950 e parte del gruppo Warner, alla fine degli anni ottanta si era specializzata in artisti di grande successo ma difficili da catalogare secondo le categorie allora correnti. La Elektra aveva investito tanto nel folk di Tracy Chapman (scelta apparentemente folle negli anni ottanta) quanto nel glam metal dei Mötley Crüe, nel sofisticato soul jazz di Anita Baker e nello sghembo rock degli islandesi Sugarcubes (la prima band di Björk). In questo insieme di artisti così eterogeneo i Deee-Lite stavano benissimo.

World clique, che significa “cricca del mondo” o qualcosa del genere, ha un messaggio universalista, hippy e pacifista in un’epoca in cui la parola globalizzazione sembrava ancora carica di speranze: “La nostra cricca è il mondo”, canta Lady Miss Kier, come per dire che nell’era della comunicazione globale non possiamo più permetterci di vivere in bolle isolate e dobbiamo collaborare, volerci bene e ballare tutti insieme.

Nel 1990 siamo in piena Daisy age (l’era delle margherite profetizzata nel 1989 dal gruppo hip hop De La Soul in quel meraviglioso album che è 3 feet high and rising), una sorta di age of Aquarius dei primi anni novanta, hippy, fricchettona e un po’ new age; l’epoca delle rivoluzioni via fax, delle promesse universaliste e tecno-ottimiste del villaggio globale e dell’ecstasy con sopra lo smile. Sarebbe stato tutto spazzato via molto presto dalla prima guerra del Golfo.

Anche la grafica dell’album è un prodotto della cultura dell’East village da cui vengono i Deee-Lite. Il logo della band viene disegnato a mano da Taboo!, artista, burattinaio e drag queen: nella tasca in cui è contenuto il vinile c’è un fumetto che racconta le origini dei Deee-Lite realizzato da Michael Economy, inventore della fanzine gay Pansy Beat. Nel fumetto Dmitry, Towa Tei e Lady Miss Kier vengono salutati come “tre diverse culture che si uniscono nell’era della comunicazione in nome dell’holographic cos-groove (sic)” e raffigurati in groppa a delle farfalle giganti con occhioni da Superchicche.

Una stagione effimera e bellissima

World clique è un grande album che ha finito per essere cannibalizzato dal successo di Groove is in the heart ma che ascoltato oggi si rivela pieno di trovate che sarebbero state sviluppate da altri artisti negli anni successivi. Le canzoni si dividono in due categorie: quelle più classicamente funk (come la lunga Try me on… I’m very you che sembra uscita da una colonna sonora blaxploitation) e quelle più house (come i singoli Power of love e Good beat).

Deep-ending sembra anticipare di dieci anni It began in Afrika dei Chemical Brothers e la dub-house di What is love? ha dato a Vince Clarke degli Erasure l’idea del ricco e stratificato suono synth-pop dell’album Chorus. Smile on, con il trombone di Maceo Parker, è un funk-reggae che invita semplicemente a sorridere perché “aiuta la comunicazione” e la deep-house di E.S.P. descrive la telepatia tra dj e folla che balla. “Soprannaturale? Forse…”, come dice la voce campionata di Bela Lugosi.

Non c’è un pezzo debole in World clique e anche l’infantile e saltellante Who was that? ha qualcosa d’inquietante e curioso: chi è la misteriosa creatura che è entrata in casa “come un topolino”, ha mangiato tutto il burro di noccioline e si è fatta un bagno di schiuma con il sapone per bambini? La canzone è allegramente funky e fa pensare che l’intruso non sia un pericoloso stalker ma uno di quei mostri pelosi mangia-biscotti del Muppet show.

I Deee-Lite hanno un’estetica troppo estrema e codificata per resistere alle mode. Nel 1992 il mondo è cambiato ed è molto meno colorato e ottimista: il loro secondo album, Infinity within, finisce per deludere e il loro terzo e ultimo disco, Dewdrops in the garden, è una deliziosa fantasia psichedelica che li vede chiusi nel loro piccolo mondo e sempre più lontani dalle classifiche pop. L’era delle margherite è finita da un pezzo e le droghe della cosiddetta Second summer of love si sono lasciate dietro una scia di hangover, cattivo umore e mal di testa. World clique rimane il documento di una stagione effimera ma ricchissima nella cultura pop a cavallo tra anni ottanta e novanta.

Deee-Lite
World clique
Elektra, 1990

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