Tutti conoscono la storia di Scrooge, lo spietato e avaro mercante che grazie a tre fantasmi si trasforma in un uomo generoso. Ma pochi forse sanno che Canto di Natale – il racconto che ha provocato più gioia e sollievo di qualsiasi altro testo narrativo – creò molti problemi economici a Charles Dickens, lo costrinse a fare cinque cause in tribunale e fu il motivo principale per cui nel 1844 decise di trasferirsi in Italia con la famiglia. Fu lì che cominciò a mettere fine ai suoi guai.
La storia del libro più amato di Dickens risale all’inizio di ottobre del 1843. L’autore era sotto pressione. Stava accumulando debiti, la grande casa che aveva preso in un costoso quartiere di Londra continuava a prosciugare le sue finanze, sua moglie aspettava il quinto figlio, e le vendite del romanzo a puntate Martin Chuzzlewit andavano così male che la sua casa editrice, la Chapman & Hall, voleva ridurgli lo stipendio di un quarto. Nonostante questo, con la sua mente curiosa e sempre pronta a dimenticare le preoccupazioni, Dickens andò a Manchester a studiare le condizioni di vita dei bambini poveri. Verso la fine di quel soggiorno, gli venne l’idea di scrivere la storia di un avaro il cui atteggiamento verso il Natale cambia quando è costretto a vedere il suo passato, presente e futuro. Tornò a casa e si mise subito al lavoro.
Scriveva in modo febbrile, declinando ogni invito e rifiutando di ricevere visite e, di notte, faceva venti o trenta chilometri per le vie di Londra, pensando alla storia di Scrooge. Nella seconda settimana di novembre l’aveva già finita.
Era convinto che fosse una storia speciale, ma i suoi editori non erano d’accordo. Dickens quindi firmò con loro un accordo, proponendo una variante di quella che oggi chiameremmo autopubblicazione. Invertendo i normali termini contrattuali, lo scrittore avrebbe pagato tutti i costi di produzione e la Chapman & Hall avrebbe incassato i diritti sulle copie vendute. Gli editori avrebbero gestito le spese e le avrebbero detratte dai profitti di Dickens.
Canto di Natale uscì il 19 dicembre 1843, a sette settimane da quando Dickens lo aveva cominciato
Era il contratto più folle che un autore avesse mai firmato. Lo scrittore aveva solo 31 anni e non aveva idea di quanto costassero le incisioni, le correzioni e la stampa. Non solo insisté perché il libro fosse venduto al prezzo – allora piuttosto basso – di cinque vecchi scellini (equivalenti a circa 25 euro di oggi), ma disse che doveva avere una copertina rossa di alta qualità, il titolo in oro, le pagine bordate d’oro e incisioni a colori di uno dei migliori illustratori dell’epoca, John Leech. A questo si andarono ad aggiungere i costi delle sue correzioni (in origine Tiny Tim si chiamava Little Fred), e del cambio di colore dei risguardi. Le spese di produzione del libro salirono alle stelle.
Canto di Natale uscì il 19 dicembre del 1843, a sette settimane da quando Dickens lo aveva cominciato, con un tempo di pubblicazione dieci volte inferiore a quello di un libro contemporaneo. Il volume tra l’altro uscì lo stesso giorno in cui entrava in commercio la prima cartolina natalizia. Ebbe buone recensioni e la prima stampa, seimila copie, andò esaurita in poco tempo, come le numerose ristampe successive. Tutto bene, quindi? No.
Il 6 gennaio, il periodico londinese Parley’s Illuminated Library pubblicò un libro palesemente copiato da Canto di Natale. Dickens, che era stato perseguitato dalle copie pirata dei suoi romanzi, fece causa alla rivista e la vinse. Poco dopo gli editori del libro copiato, due signori chiamati Lee e Haddock, dichiararono fallimento, lasciando Dickens senza risarcimento e pieno di spese legali. A quel punto lo scrittore fece causa ai soci di Lee e Haddock, ma dovette rinunciare all’azione legale perché le spese erano troppo alte.
Poi arrivò il colpo di grazia. Dickens si aspettava che le vendite iniziali del libro arrivassero all’equivalente di centomila euro, permettendogli così di pagare i suoi debiti. Ma quando ricevette il resoconto della Chapman & Hall, non credeva ai suoi occhi. Tolte tutte le spese, gli rimanevano solo 230 sterline (circa ventimila euro di oggi). “Non sono mai rimasto così scioccato in vita mia”, scrisse a un amico. In seguito avrebbe detto a un altro che era incredibile che “un così grande successo fosse stato causa di tanta ansia e delusione”.
Con tutti quei debiti, Charles Dickens doveva fare economia. Nel luglio del 1844 portò la famiglia in Italia, dove la vita costava meno che a Londra. Ci rimase per molti mesi, durante i quali nacque il suo quinto figlio, Francis, e le sue fortune piano piano si ripresero. Il suono delle campane di Genova gli ispirò un altro racconto di Natale, Le campane, che fu un successo anche dal punto di vista finanziario. Nel giro di pochi anni avrebbe scritto David Copperfield, conquistando il benessere economico e la fama. Dickens amava l’Italia e ci tornò molte volte. Per questo mi sembra giusto mandare dal Regno Unito, la terra di Dickens, all’Italia, l’altro paese che amava, i più calorosi auguri di un felice Natale.
(Traduzione di Bruna Tortorella)
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