Oriana Fallaci, La paura è un peccato
Rizzoli, 359 pagine, 20 euro
“Il giornalismo è un lercio lavoro con cui ho perso tempo fin da quando avevo 17 o 18 anni”, scriveva Oriana Fallaci nel 2005, poco prima di morire. Eppure molte di queste lettere inedite mostrano come Fallaci fosse in realtà devota al lavoro giornalistico. Preferì scrivere libri solo più tardi.
La paura è un peccato è una raccolta di lettere divise per temi, documenti delle sue delusioni ma anche del suo spirito focoso. Fallaci era dura anche contro se stessa, per esempio quando rimpiangeva “il peggiore dei suoi limiti: l’incapacità di perdonare e dimenticare”. Chiunque le fa torto finisce nella “Siberia” dei suoi sentimenti. Parafrasando Curzio Malaparte, diceva che “è difficile essere toscani”.
Le lettere raccontano anche episodi drammatici, come la strage a cui sopravvisse a Città del Messico o scontri epocali, come quello con Henry Kissinger. Forse la più grande sorpresa è la sua ammirazione, da atea, per vari uomini di chiesa. Chiamava Giovanni Paolo II “l’unico vero leader”, ammirava Benedetto XVI non solo per la sua intelligenza ma anche perché “ha le palle”, e quando l’arcivescovo Rino Fisichella le dava conforto nei suoi ultimi giorni, lei lo chiamava “caro”. Non tutte le lettere hanno lo stesso valore, avremmo potuto fare a meno di quelle lettere da fan indirizzate a Pietro Nenni, ma l’insieme resta molto interessante.
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