Le batterie sono terribili. In confronto con altri metodi di conservazione dell’energia, in particolare i combustibili fossili, la loro densità energetica non è granché. In una batteria da mezzo chilo c’è molta meno energia che in mezzo chilo di benzina. Questo non sarebbe un problema se le batterie fossero facili da caricare: se la vostra Tesla avesse trecento chilometri di autonomia, ma potesse fare il pieno di energia in cinque minuti, la ridotta capacità non vi preoccuperebbe più di tanto.
Da decenni gli scienziati cercano di creare la batteria perfetta, caratterizzata da un’elevata densità energetica, o perlomeno non troppo lenta a ricaricarsi. Se trovassimo il modo di produrla, tutti i nostri gadget, dal telefono al portatile fino all’auto elettrica del futuro, sarebbero fantastici o comunque meno fastidiosi di oggi. La batteria perfetta potrebbe anche contribuire a risolvere altre questioni importanti come il cambiamento climatico, le guerre del petrolio e l’inquinamento.
I condensatori. Si possono anche lasciar perdere le batterie, e pensare ai condensatori. Il condensatore, come la batteria, è un dispositivo in cui si immagazzina energia elettrica. Ma la velocità di caricamento e scaricamento dei condensatori è su un ordine di grandezza diverso da quello delle batterie. Se quindi il vostro telefono contenesse un condensatore invece di una batteria, potreste caricarlo in qualche secondo invece che in un’ora. Però i condensatori hanno un grande svantaggio: la loro densità energetica è perfino inferiore a quella delle batterie. I telefoni non potrebbero essere alimentati da condensatori, a meno che non siano grandi come una scatola di scarpe.
Ma che cosa succederebbe se si potesse produrre un condensatore ad alta densità, capace di incamerare parecchia energia ma anche di caricarsi e scaricarsi molto in fretta? Negli ultimi anni i ricercatori di diverse aziende e istituzioni di tutto il mondo hanno cercato di ottenere proprio questo risultato. Stanno dando la caccia al “supercondensatore” perfetto, un tipo di condensatore che conserva l’energia grazie a elettrodi al carbonio immersi in una soluzione elettrolitica.
Un felice imprevisto. Fino a poco tempo fa, però, i supercondensatori erano costosi da produrre e la loro densità energetica non si avvicinava nemmeno lontanamente a quella teoricamente possibile. Uno dei modi più promettenti di creare supercondensatori si basa sul grafene, una sostanza formata da uno strato monoatomico di carbonio. Solo che la produzione in scala industriale di grafene a buon mercato si è rivelata una sfida difficile.
Poi è successo qualcosa di imprevisto. Maher El-Kady, un dottorando del laboratorio di chimica di Richard Kaner dell’Università della California, si è chiesto cosa sarebbe successo se avesse messo sotto un laser un foglio di ossido di grafite (un composto ad alta concentrazione di carbonio).
Il ricercatore non ha usato un laser qualunque, ma uno che milioni di persone in tutto il mondo già possiedono: un masterizzatore per dvd, contenente una tecnologia chiamata LightScribe, usata per incidere etichette e disegni sulle proprie raccolte personali di brani musicali.
Con questo trucco si possono produrre fogli di grafene di qualità eccellente con estrema rapidità e a basso costo, come El-Kady, Kamer e colleghi hanno illustrato in un articolo pubblicato l’anno scorso su Science.
L’esperimento di masterizzazione di El-Kady è stato descritto come un “incidente” di laboratorio, ma in questo modo si trascura la parte più interessante della storia. “Nella scienza niente è mai un incidente: lo si interpreta così solo in retrospettiva”, dice Kaner. Nel suo laboratorio gli studenti svolgevano da anni esperimenti in cui si esponevano al laser diversi polimeri usando anche il raggio dei drive LightScribe. L’idea di El-Kady di sottoporre l’ossido di grafite al laser LightScribe non è stata che una fortunata prosecuzione di quel lavoro.
Il dottorando ha visto altri studenti del laboratorio giocare con il laser, così ha deciso di provarci. “Chiunque può applicarla: è semplicissimo”, spiega Kaner. “Si prende un pezzo di plastica, si compra un po’ di ossido di grafite, lo si inserisce nel masterizzatore e lo si trasforma in grafene”. Con questo metodo si possono “produrre i supercondensatori al carbonio più efficienti che siano mai stati realizzati”.
La sfida dell’efficienza. Quanto sarebbero efficienti? Kaner osserva che il limite teorico massimo dell’efficienza di un condensatore al grafene è di 550 farad per grammo (il farad è l’unità di misura della capacità elettrica). Altri ricercatori universitari hanno creato condensatori in cui si possono immagazzinare fino a 150 farad per grammo, e lo scienziato ipotizza che le imprese commerciali abbiano fatto di meglio. Ma i supercondensatori al grafene, prodotti con un laser per dvd da Kaner ed El-Kady, si spingono ben oltre i livelli raggiunti finora.
Nell’articolo pubblicato su Science, i ricercatori hanno riferito di aver toccato una capacità massima di 276 farad per grammo: quasi il doppio dei risultati ottenuti in precedenza. In un altro articolo uscito il mese scorso su Nature Communications, Kaner ed El-Kady hanno spiegato come applicare la loro tecnica di masterizzazione per produrre supercondensatori miniaturizzati, che si possono usare per alimentare sensori e altri dispositivi elettronici di piccole dimensioni. Questi supercondensatori sono anche più efficienti. “In questi casi siamo arrivati in sostanza a 400 farad per grammo”, afferma Kaner.
I futurologi dell’energia intravedono grandi possibilità in questi supercondensatori ad alta densità energetica economici e facili da produrre. In molte situazioni questi dispositivi potrebbero sostituire o affiancare le batterie per incrementare l’efficienza energetica dell’apparecchio alimentato. Nei mezzi di trasporto, i supercondensatori potrebbero essere impiegati per conservare l’energia cinetica che l’automobile perde durante la frenata (per mezzo dei cosiddetti “freni rigenerativi”) e poi rilasciarla tutta insieme quando si deve accelerare.
Diverse aziende cinesi stanno producendo autobus alimentati da supercondensatori. Dal momento che questi condensatori si caricano e scaricano rapidamente, i veicoli possono fare il pieno a ogni fermata. Il rapido caricamento permette all’autobus di percorrere qualche chilometro: quel che basta per raggiungere la fermata successiva e immagazzinare altra energia.
Kaner sostiene che questo principio si potrebbe applicare in generale ad altri tipi di mezzi di trasporto. “Anche se bisognerà ricaricare il supercondensatore della propria auto ogni venti chilometri, si potrebbero installare corsie di caricamento lungo l’autostrada”, spiega lo scienziato. “Basterebbe incolonnarsi in quella corsia per un periodo di tempo sufficiente e la macchina si caricherebbe”.
Un futuro lontano, ma non troppo. Kaner sottolinea che probabilmente dovremo aspettare ancora a lungo prima di vedere quel futuro. Tra i vari ostacoli, i ricercatori come lui dovrebbero trovare il modo di produrre un grafene ancora più efficiente e disponibile su vasta scala. E questo è proprio il suo prossimo progetto: Kaner e la sua squadra hanno firmato un contratto con un produttore di supercondensatori per trovare un modo di commercializzare la loro tecnica di produzione.
Lo scienziato è comunque riluttante a definire la tempistica della messa in vendita di questi condensatori, e per il momento si guarda dall’alimentare grandi speranze. “Credo che molti stiano aspettando una svolta nella tecnologia delle batterie, e i supercondensatori sono molto promettenti”, dice Kaner. “Ma quando escono articoli ottimistici e poi non succede niente per un anno, i lettori restano frustrati”.
Quindi ricordate: i supercondensatori non renderanno più efficienti i gadget che comprerete l’anno prossimo. Ma fra circa cinque o dieci anni potrebbero cambiare il modo in cui il mondo si dà la carica.
(Traduzione di Floriana Pagano)
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