Toby Tyrell (niente a che vedere con la Tyrell Corporation di Blade Runner) scrive su New Scientist (poi ripreso da Internazionale nel numero 1025) che l’ipotesi Gaia di James Lovelock non funziona. Ne analizza i tre assunti principali e, popperianamente, li falsifica (o almeno crede).
Il primo assunto è che la Terra è un luogo propizio alla vita. La falsificazione è nelle estinzioni di massa e nelle crisi che hanno attraversato la storia della vita sul nostro pianeta. Mah! questo non significa proprio niente. La vita persiste dopo quattro miliardi di anni. La vita di oggi non è la stessa di prima: si chiama evoluzione! E allora? L’evoluzione avviene anche attraverso crisi: muoiono le specie non più al passo con le nuove condizioni e ne emergono altre. Se c’è un posto favorevole alla vita, nell’universo conosciuto, quello è la Terra, e non ne conosciamo altri.
Il secondo assunto è che la vita alteri l’ambiente del pianeta. Ri-mah… Noi siamo una specie vivente (ogni tanto vale la pena di ricordare che siamo una specie animale) e stiamo alterando profondamente l’ambiente del pianeta. E gli organismi che hanno cominciato a emettere ossigeno come prodotto di scarto del loro metabolismo hanno fatto più di noi. Mi pare che il secondo assunto sia proprio vero.
Il terzo assunto è che l’ambiente terrestre sia rimasto piuttosto stabile nel corso del tempo geologico. Bè, questo è proprio falso, ma non credo neppure che Lovelock lo pensi. Credo che sappia della scomparsa dei dinosauri. Vivo a Lecce, e qualche milione di anni fa qui c’era il mare, e i fossili nella pietra leccese rivelano abitanti che ora non ci sono più. L’intera città è fatta di una pietra che deriva dagli scheletri di protisti marini (che, guarda caso, hanno determinato la geologia di questa parte d’Italia, e anche l’architettura). Se per stabilità si intendono l’armonia e l’equilibrio, Gaia proprio non funziona. Darwin parla di lotta per l’esistenza. E non ci sono equilibri nella lotta. Gli stalli sono temporanei. Le cose cambiano continuamente e niente è per sempre (neppure la nostra specie).
L’idea di un armonico equilibrio non funziona, e in questo ha ragione Tyrell: Gaia è fallace. Ma se guardiamo la cosa da molto lontano, allora sembra funzionare. La vita è apparsa su questo pianeta (per generazione spontanea) quattro miliardi di anni fa. I viventi di oggi discendono dai primi viventi di allora. Messa così significa che la “dinastia” viventi prospera da quattro miliardi di anni. Grande stabilità. Se poi guardiamo la storia di questa dinastia in dettaglio, vediamo carneficine, violenze, abusi, soprusi eccetera eccetera. Fino ad arrivare all’ultimo tiranno, la nostra specie. Che, però, non è tanto più potente delle altre.
Tranquilli, non riusciremo a far estinguere la vita. Tutt’al più faremo estinguere le porzioni di ecosistemi che più ci servono e, una volta fatto questo, ci estingueremo noi. E la vita riprenderà senza grossi problemi, perché è una cosa che sa fare molto bene. E quindi, anche se Gaia non può essere abbracciata nel terzo assunto, gli altri due funzionano. Va solo riformata. Il concetto di equilibrio e armonia non esiste. Però diciamo che dovremmo cercare di andare “a tempo” con il resto del pianeta. Ora non lo stiamo facendo.
Tyrell comincia il suo articolo con una frase molto importante: Se non sappiamo come funziona l’ambiente nel nostro pianeta, come possiamo sapere qual è il modo migliore per preservarlo? E finisce auspicando la possibilità di avere un’idea accurata del funzionamento del pianeta. L’inizio e la fine dell’articolo ci dicono che non sappiamo bene come funzioni il nostro pianeta (la disciplina che lo studia si chiama ecologia) e come la vita evolva (la disciplina che lo studia si chiama biologia evoluzionistica). Noi stiamo modificando radicalmente un sistema di cui non conosciamo il funzionamento. E ci arrivano fortissimi indizi che le modificazioni che induciamo siano a noi sfavorevoli. Una specie che si è battezzata sapiens non sta dedicando grandi energie a risolvere questo problema (il problema numero uno). Abbiamo altre priorità per sostenere il progresso scientifico. Questa non interessa.
Se voi mi diceste che volete intraprendere una via di conoscenza in eco-evoluzione vi direi di lasciar perdere. So quel che dico: è il mio mestiere. Le possibilità di riuscita sono scarse. Non ci sono investimenti in questo campo. Il fisico delle particelle Luciano Maiani afferma di vedere un futuro roseo per la ricerca di nuove particelle subatomiche. Lì ci saranno tanti investimenti, a seguito di quelli che già ci sono. Dopotutto è
big science. Capire come funziona il nostro pianeta è una quisquilia. La mia non è una battuta, è una constatazione. Se dedichiamo più risorse a un progetto scientifico rispetto a un altro, è ovvio che riteniamo il progetto finanziato più importante dell’altro.
Se capire come funziona il nostro pianeta non è considerato big science (eppure la macchina per studiarlo è l’intero pianeta…) significa che il problema è considerato di interesse secondario. E se chiediamo rilevanza per la Terra, ecco che la big science si fa avanti con il segreto dell’universo. Non c’è scampo. Il livello intermedio di organizzazione della materia (quello che sta in mezzo, tra particelle elementari e universo) sembra proprio che non interessi. Peccato che è proprio a questo livello della scala organizzativa della materia che stiamo combinando un sacco di guai, ed è a questo livello che si realizzano le condizioni per la nostra sopravvivenza.
Chi pratica eco-evoluzione, comunque, ha il dovere morale di mettere in guardia e di spiegare anche questo punto di vista. Non certo per dire che la big science è inutile, ma solo per dire che bisogna valutare bene come dividere i pochi soldi destinati alla ricerca. Sperando che questo non faccia di nuovo insorgere i big scientists, spingendoli a interpretare ogni suggerimento di possibili alternative alla loro disciplina come un attacco alla scienza in quanto tale. Ma qui dovremmo tornare a Rutherford, e all’arrogante convinzione che nella scienza ci sia solo la fisica e che il resto sia collezione di francobolli.
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